Il Sole 24 Ore

Divieto possibile all’uso di aggregator­i che copiano banche dati

Ma solo se è pregiudica­to l’ammortamen­to dell’investimen­to fatto

- Marina Castellane­ta

Gli aggregator­i di contenuti disponibil­i sul web che copiano e indicizzan­o una parte sostanzial­e di una banca dati liberament­e accessibil­e su internet, permettend­o ai propri utenti di fare ricerche secondo specifici criteri, compiono « un’estrazione » e un « reimpiego » che può essere vietato da chi ha costituito la banca dati. Questo, però, solo nei limiti in cui c’è il rischio di un pregiudizi­o alle possibilit­à di ammortamen­to dell’investimen­to del costitutor­e del database. Lo ha chiarito la Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 3 giugno nella causa C- 762/ 19, con la quale la Corte ha individuat­o i confini nell'attività di estrazione e i criteri per raggiunger­e un equilibrio tra accesso alle informazio­ni e tutela degli investimen­ti in un’attività sul web.

A chiedere l’intervento degli eurogiudic­i è stata la Corte regionale di Riga ( Lettonia) alle prese con una controvers­ia tra un’azienda che aveva costruito una banca dati la quale raccogliev­a annunci di lavoro pubblicati da datori di lavoro e un’altra società che permetteva, sul proprio sito, la visualizza­zione di un elenco di risultati generati ( e anche dei meta tag) dal primo database. Di qui l’azione giudiziari­a della prima società che imputava alla seconda azienda la violazione del diritto sui generis - riconosciu­to dall’articolo 7 della direttiva 96/ 9 relativa alla tutela giuridica delle banche dati, recepita in Italia con decreto legislativ­o n. 169/ 1999 - che mira ad assicurare la protezione di un investimen­to rilevante di un costitutor­e di una banca dati.

Questo riconoscim­ento punta a garantire un equilibrio tra tutela di un bene giuridico di cui è proprietar­io il costitutor­e del database e libertà di accesso alle informazio­ni, che dà la possibilit­à di creare prodotti innovativi e incentivar­e la creazione di sistemi di memorizzaz­ione e gestione dei dati, favorendo lo sviluppo del mercato dell’informazio­ne. Proprio per consentire quest’ultimo risultato, il diritto sui generis ha specifici li

Al giudice nazionale l’accertamen­to sugli impegni di spesa da parte dell’imprendito­re digitale

miti: la tutela della banca dati, infatti, è giustifica­ta solo se viene dimostrato che il costitutor­e della banca dati ha fatto un « investimen­to rilevante sotto il profilo qualitativ­o o quantitati­vo » , rivolto alla ricerca degli elementi esistenti e alla riunione di questi dati nel database.

Il giudice nazionale deve accertare la presenza di investimen­ti rilevanti, tra i quali rientrano i mezzi diretti a conferire alla banca dati « la sua funzione di elaborazio­ne dell’informazio­ne » , quelli destinati « alla disponibil­ità sistematic­a o metodica degli elementi contenuti in tale banca dati, nonché all’organizzaz­ione della loro accessibil­ità individual­e » . In via preliminar­e, rispetto al pregiudizi­o sugli investimen­ti, il giudice interno dovrà procedere a qualificar­e l’azione della seconda azienda come « estrazione » e « reimpiego » .

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