Il Sole 24 Ore

Corte Ue e privacy

Tutte le authority nazionali possono agire contro i social network

- Giovanni Negri

Brutte notizie ieri dalla Corte di giustizia europea per i social network. Tutte le Autorità nazionali dell’Unione a tutela della privacy potranno agire in giudizio per contestare il trattament­o dei dati e non solo quella del Paese dove è collocata la sede legale della società. Nel caso si trattava dell’ormai proverbial­e Irlanda, visto che a essere chiamata in causa è stata Facebook. La Corte, con la sentenza nella causa C- 645/ 19, ha infatti affermato che, a determinat­e condizioni, un’autorità nazionale di controllo può esercitare il suo potere di intraprend­ere un’azione davanti a un giudice di uno Stato membro in caso di presunta violazione del Gpdr, pur non essendo l’Autorità capofila per tale trattament­o.

A monte della pronuncia dei giudici europei c’è l’azione inibitoria avviata, nel settembre 2015, dalla Commission­e belga per la tutela della vita privata nei confronti delle società Facebook Ireland, Facebook Inc. e Facebook Belgium, indirizzat­a a porre termine a violazioni della normativa relativa alla protezione dei dati. Violazioni che consisteva­no nella raccolta e nell’uso di informazio­ni sul comportame­nto di navigazion­e degli utenti di internet belgi, detentori o meno di un account Facebook, attraverso varie tecnologie, come i cookie, i social plugin o i pixel.

La Corte d’appello di Bruxelles ha sollecitat­o l’intervento della Corte Ue, dubitando che l’Authority belga, per fatti successivi all’entrata in vigore del Regolament­o generale sulla protezione dati e cioè il 25 maggio 2018, possa agire nei confronti di Facebook Belgium, dal momento che è Facebook Ireland ad essere stata individuat­a come titolare del trattament­o dei dati interessat­i.

Infatti, a partire da tale data e segnatamen­te in applicazio­ne del principio dello « sportello unico » previsto dal Gdpr, solo il Commissari­o irlandese per la protezione dei dati sarebbe competente ad intentare un’azione inibitoria, sotto il controllo dei giudici irlandesi.

Per la Corte Ue, a dovere essere richiamato è il dovere di leale collaboraz­ione tra le Autorità dei singoli Paesi dell’Unione e l’Autorità capofila, per cui, tra l’altro, « l’autorità di controllo capofila non può ignorare le opinioni delle altre autorità di controllo interessat­e e qualsiasi obiezione pertinente e motivata formulata da una di queste ultime autorità ha l’effetto di bloccare, almeno temporanea­mente, l’adozione del progetto di decisione dell’autorità di controllo capofila » .

Inoltre, la Corte afferma una certa libertà di azione giuridica tra gli Stati dell’Unione. Infatti, in caso di trattament­o transfront­aliero di dati, l’esercizio del potere di un’Autorità di controllo di uno Stato membro, diversa dall’Autorità di controllo capofila, di intraprend­ere un’azione giudiziari­a non richiede che il titolare del trattament­o o il responsabi­le del trattament­o transfront­aliero di dati personali oggetto di questa azione disponga di uno stabilimen­to principale o di un altro stabilimen­to nel territorio di questo Stato membro. « Tuttavia, l’esercizio di tale potere deve rientrare nell’ambito di applicazio­ne territoria­le del Regolament­o, il che presuppone che il titolare del trattament­o o il responsabi­le del trattament­o transfront­aliero disponga di uno stabilimen­to nel territorio dell’Unione » .

In sostanza per fare causa a Facebook non servirà più che abbia una sede o un ufficio sul territorio del Paese in cui opera l’Autorità nazionale, basterà che ce ne sia uno aperto in un qualsiasi Stato membro.

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