LA GIUSTIZIA PUÒ RIPARTIRE DA CARRIERE E MANAGER
LA CERTEZZA DEL DIRITTO E DELLA PENA SONO COMPATIBILI CON IL GARANTISMO E L’EFFICIENZA DELL’ORDINAMENTO
Egregio direttore, un cattivo sistema giudiziario oltre a incidere negativamente sui diritti fondamentali dei cittadini ha gravi effetti sullo sviluppo economico. L’incertezza del diritto, la lunghezza dei processi, le detenzioni ( o le scarcerazioni) irragionevoli, il mancato adempimento dei contratti, i mancati risarcimenti agli ingiustamente condannati, sono alcuni dei fattori che scoraggiano l’attività economica in Italia. Da anni i problemi della giustizia italiana appaiono nei sondaggi delle imprese estere tra i principali disincentivi ad investire nel nostro Paese. L’Unione Europea ha posto la riforma della giustizia tra le condizioni della concessione dei fondi del Recovery Fund e fortunatamente il ministro Cartabia ha la competenza e decisione sufficiente per portare avanti le necessarie riforme.
Attraverso il Comitato Programma per l’Italia, promosso da forze politiche e associazioni culturali liberal- democratiche ( Azione, + Europa, PRI, Alleanza Liberaldemocratica, I Liberali) composto in gran parte da esperti indipendenti abbiamo pensato di dare un contributo ragionato e approfondito alla soluzione del problema che siamo lieti di riassumere per i lettori del Sole 24 Ore.
In primo luogo, è indispensabile separare le carriere di magistrati inquirenti e giudicanti. Correntismo e commistioni devono finire ( si pensi che i PM presenti nel Csm decidono i provvedimenti disciplinari e le carriere dei giudici che dovrebbero giudicare le imputazioni). Occorre quindi avere due Consigli Superiori della Magistratura, con le stesse caratteristiche di piena indipendenza di quello attuale e con metà dei componenti ( non più i 2/ 3) selezionati dai magistrati e l’altra metà in parte dal Parlamento ed in parte dagli ordini professionali e dall’accademia. Il metodo di elezione per evitare la degenerazione in correnti è il cosiddetto voto singolo trasferibile, che permette di votare candidati anche di liste diverse, rendendo difficile il lavorio correntizio.
È altresì doveroso evitare il fenomeno delle porte girevoli magistratura- politica: se si è eletti non si ritorna più a giudicare ma si lavorerà in ruoli diversi. Né dovrebbe essere possibile candidare magistrati nel distretto di Corte d’Appello dove operano. Non particolarmente sensato sembra che i componenti del terzo potere rispondano a ministeri diversi ( la Difesa, il MEF, la Giustizia). È opportuno che il solo Ministero della Giustizia abbia la responsabilità della supervisione dei togati. Infine, è doveroso, giacché si lamentano carenze di organico, che vengano drasticamente ridotti i togati che prestano servizi “fuori ruolo”, in ministeri o nella pubblica amministrazione: il loro posto è in aula. Passiamo al buon funzionamento della macchina. I processi civili, tributari, amministrativi e penali sono una quantità abnorme rispetto agli altri Paesi. È molto facile cominciare cause civili pretestuose o resistere in modo insensato confidando sulla lungaggine processuale. È necessario quindi scoraggiare tali comportamenti aumentando le sanzioni per lite temeraria e applicando interessi di mora maggiorati in caso di sconfitta in Cassazione dopo due sentenze già negative in primo grado e in appello. Alla giustizia tributaria si fa oggi ricorso confidando nell’aleatorietà delle decisioni delle Commissioni tributarie, spesso incoerenti e troppo frequentemente ( 50% dei casi) ribaltate in Cassazione. Si deve perciò rafforzare la competenza ricorrendo solo a giudici professionali e con preparazione specifica, selezionati con apposito concorso e scoraggiare sia l’Agenzia delle Entrate sia il contribuente a ricorrere sempre e comunque contro pronunce negative.
I magistrati, poi, devono progredire per merito. Attualmente ogni 4 anni essi devono passare un giudizio di idoneità che viene però superato dal 98% degli esaminati. Una percentuale bizzarra. Appare quindi opportuno introdurre criteri che tengano in conto la produttività dei giudici e la qualità della loro produzione ( quanti dei loro provvedimenti sono successivamente annullati, rigettati o cassati?). Per accedere a incarichi direttivi uno dei requisiti dovrebbe essere dimostrare capacità gestionale e la preparazione dovrebbe consistere in corsi ben strutturati e di sufficiente durata in materie aziendalistiche. La trasparenza è un altro requisito dell’efficienza e quindi il Ministero della Giustizia ogni anno dovrebbe pubblicare dati nazionali e comparabili dei cosiddetti indicatori di performance di ogni Tribunale, informazioni che oggi sono reperibili in modo incompleto.
Il processo civile va semplificato introducendo aspetti del procedimento giuslavoristico e filtri di ammissibilità dei ricorsi in appello e Cassazione ( questi ultimi più pregnanti degli attuali). Infine, è bene che i palazzi di giustizia siano gestiti da manager ( come la recente legislazione ha cominciato a prevedere) ben retribuiti anche a seconda dei risultati di efficienza raggiunti.
Le nostre proposte non perdono certo di vista i più ampi problemi di giustizia anche penale. Ad esempio, oltre a prevedere la cancellazione della controriforma di abolizione della prescrizione, proponiamo più certezza nell’applicazione della pena ( oggi spesso erratica) e una riformulazione dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Infine, occorre rafforzare le procedure di risoluzione extraprocessuale delle liti, ancora poco sviluppate in Italia.
Ci fermiamo.
Il testo completo è disponibile su www. adamsmith. it, ma ci premeva spiegare che che certezza del diritto e della pena sono compatibili con il garantismo e l’efficienza dell’ordinamento giudiziario, il quale può a sua volta contribuire enormemente al risanamento economico del Paese.