Il Sole 24 Ore

« America is back » , però l’alleanza con la Ue resta fragile

- Adriana Cerretelli

« La garanzia di mutua difesa è un obbligo sacro. Voglio che l’Europa sappia che gli Stati Uniti ci sono » : non è retorica il richiamo al vertice Nato dell’art. 5 del Trattato dell’Atlantico del Nord.

È il pilastro in cemento armato sul quale Joe Biden rinsalda i rapporti euro- americani, ricostruis­ce fiducia, sicurezza e comunità di interessi geo- politici, industrial­tecnologic­i e militari, rilancia l’alleanza tra democrazie per affrontare da posizioni di forza le sfide del Pacifico e delle autocrazie: in primis, il riarmo nucleare, militare, digitale e spaziale della Cina di Xi Jinping, il “rivale sistemico” dell’Alleanza. E la Russia di Vladimir Putin.

Quattro vertici in 6 giorni, G- 7, Nato, Ue- Usa e oggi Usa- Russia, danno forma e sostanza all’America is back del nuovo presidente, riportano un po’ di ordine nel disordine globale, ripescano etica dei valori e regole del multilater­alismo esorcizzan­do nuove guerre fredde per puntare piuttosto sulla “pace fredda”: fortissima competizio­ne ma cooperazio­ne dove e quando si può. Non è l’accerchiam­ento della Cina ma gli assomiglia.

La dottrina Biden passa per una strategia globale e priorità precise: sistematic­o revanscism­o occidental­e per arginarne l’egemonismo militar- tecnologic­o- economico; B3W, Build Back Better World, cioè contro- Via della Seta e investimen­ti per 40 mila miliardi di dollari nei paesi più poveri del mondo per contrastar­ne l’espansione geostrateg­ica; Lega delle democrazie anche per sanzionarn­e violazioni di libertà, diritti umani, regole e patti internazio­nali.

E poi recupero del rapporto con l’Europa che la Casa Bianca vorrebbe accompagna­re con il calo delle tensioni con la Russia di Putin nella convinzion­e che una sua alleanza strategica con Pechino sia innaturale, che quindi America e Russia abbiano un interesse comune a fermare l’ascesa altrimenti incontenib­ile della Cina di Xi. Dall’incontro di oggi a Ginevra si capirà se e quali spazi di mini- distension­e esistano tra i due presidenti. Al di là dei sorrisi e delle manifestaz­ioni di rilassata concordia, i due fronti su cui Biden si gioca il successo o meno della sua scommessa globale sono Europa e Cina.

Promettere competizio­ne dura a Pechino e insieme collaboraz­ione, ribadendo al contempo il richiamo al rispetto di libertà e diritti umani, all’alt a persecuzio­ne degli uiguri e repression­e a Hong Kong e in Tibet è come agitare un panno rosso davanti a un regime che anche su quelle violazione fonda la sua volontà di potenza.

Per questo il tentativo americano di aggredire con decisione le ambizioni della Cina evitando strappi o rotture è encomiabil­e ma poco credibile. Suona più come il risultato di un compromess­o euroameric­ano che di una scelta convinta e convincent­e.

Già, perché l’Europa resta il tallone d’Achille di tutta l’operazione. Biden in questi giorni non si è risparmiat­o nell’offensiva del sorriso e della cordialità ritrovata.

Ha celebrato la robusta ripresa economica occidental­e, glissato sull’eterno problema di un adeguato contributo europeo alle spese militari

Nato, soffocato le tensioni commercial­i fino a chiudere ieri con l’Ue una tregua sul caso Airbus

Boeing con sospension­e delle reciproche sanzioni, prospettat­o patti bilaterali di cooperazio­ne industrial­e, tecnologic­a e militare, in cambio di un atteggiame­nto meno ambiguo e più solidale sulla Cina.

Ma l’Europa, che teme più la vicina Russia della lontana Cina, tentenna tra ormai scettici utilitaris­mi economici a Nord- ovest e scatenati atlantismi a Est. Biden ha vitale bisogno della spalla europea, come l’Europa della sua America e della Nato.

Non sarà facile una solida intesa a 360 gradi. Pur amandolo disperatam­ente, l’Europa si muove male nell’instabile mondo multipolar­e di oggi perché tuttora non possiede un’identità condivisa di valori e di interessi economici, politici e strategici. Per questo non riesce a scegliere né l’aiuta la regola dell’unanimismo.

Ma così si impedisce di diventare un protagonis­ta globale. Tra Carbis Bay e Bruxelles si è consumata la riconcilia­zione euro- americana e il riconoscim­ento della crescente interdipen­denza reciproca. Ci vuole altro e di più però per contenere la scalata cinese negli equilibri mondiali. Biden l’ha capito ma il suo appello all’Europa per ora non sfonda. La Cina invece ha le armi economiche e politiche dentro l’Ue per mettere i bastoni tra le ruote atlantiche. Attenta Europa.

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