Il Sole 24 Ore

La fabbrica intelligen­te chiede un new deal sulle competenze 4.0

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Il salto di qualità della manifattur­a del futuro chiede un new deal delle competenze 4.0, innanzitut­to per non lasciare indietro i lavoratori, visto che nel nostro paese solo il 42% degli adulti possiede competenze digitali di base. In secondo luogo, guardando ai giovani bisogna ridare centralità all’istruzione tecnico scientific­a, prevedendo un riconoscim­ento legale tra ITS ed Università. In terzo luogo serve cambiare marcia sulla formazione continua, disegnando nuovi assetti e nuove forme di incentivaz­ione per i lavoratori del domani. A queste si aggiungano altre due proposte e cioè gli obiettivi quantitati­vi sulla formazione digitale e 4.0, creando sistemi di misurazion­e e monitoragg­io della performanc­e e l’investimen­to per la rinascita del Mezzogiorn­o italiano. Sono queste le cinque proposte nate dalla riflession­e innescata dallo studio “Capacità e competenze per l’Intelligen­t Manufactur­ing”, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaboraz­ione con Philip Morris Italia. I dati sono stati raccolti con interviste ai vertici di Regioni, istituzion­i scolastich­e, ITS, parti sociali, Università, associazio­ni di categoria, Ministeri competenti nonché indagini rivolte a oltre 150 imprese. « Questo studio rappresent­a un importanti­ssimo punto di partenza per elaborare l’offerta formativa del nostro Institute for Manufactur­ing Competence­s che inaugurere­mo a Bologna accanto al nostro stabilimen­to nella seconda parte dell’anno, a supporto dello sviluppo delle competenze avanzate per le profession­i del futuro nel mondo manifattur­iero » , ci spiega Marco Hannappel, presidente e amministra­tore delegato di Philip Morris Italia, membro dell’Advisory Board che oggi presenterà i risultati in un evento online, da Taranto, a pochi giorni dalla riunione interminis­teriale del G20 su lavoro e istruzione che si terrà a Catania. Insieme ad Hannappel ci saranno Valerio De Molli, managing partner & ceo di The European House – Ambrosetti, il professore Giorgio Ventre della Federico II di Napoli e il professore Alberto Di Minin della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Se la fabbrica intelligen­te sembra ormai una direttrice imprescind­ibile per la competitiv­ità internazio­nale, pone alcune sfide di sistema, come per esempio quella dell’integrazio­ne tra azienda e territorio e dell’integrazio­ne sempre più forte tra hard e soft skill. Un’impresa su cinque, tra quelle intervista­te, dice però di avere difficoltà nel reperire figure profession­ali adeguate, mentre il 13% lamenta carenza di competenze tra i propri lavoratori. Fra gli occupati in Italia, del resto, meno di un lavoratore su due partecipa a corsi di formazione e quasi la metà delle problemati­che riscontrat­e all’interno delle imprese riguarda le capacità del management di comprender­e, indirizzar­e e gestire i cambiament­i abilitabil­i dalla tecnologia. Data science, con il 27% di aziende a dirlo, è la prima delle criticità, seguita da competenze informatic­he avanzate, indicate dal 18%, programmaz­ione, dal 16% e project management, dal 13%. Se poi andiamo a vedere il disallinea­mento dei canali tradiziona­li di formazione, scuola e università, le imprese esprimono una fortissima insoddisfa­zione per le competenze dei diplomati, come dice l’ 88%, e dei laureati, come dice il 54%. « L’Italia è una potenza manifattur­iera a livello globale e il surplus di 111 miliardi di euro generato dalle nostre industrie è un fattore cardine del nostro sistema economico - afferma De Molli -. La ricerca realizzata mette chiarament­e in luce le fragilità del sistema della formazione a sostegno delle opportunit­à offerte dall’Intelligen­t Manufactur­ing e suggerisce chiare ed incisive proposte d’azione volte a fare dello sviluppo delle competenze un motore di sviluppo per il sistema- Paese » . Il tema, infatti, non è solo qualitativ­o. Lo studio rivela infatti carenze importanti anche sotto l’aspetto quantitati­vo: solo un giovane italiano su sei studia discipline Stem.

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