Il Sole 24 Ore

In Henkel modello ibrido regolato con 40 cantieri aperti ai lavoratori

In vista dei rientri di settembre, la società ha iniziato un percorso a tappe che parte dal basso e si basa su partecipaz­ione e inclusione

- Cristina Casadei

Il lavoro del futuro dei white collar della multinazio­nale del largo consumo Henkel sarà coprogetta­to con i lavoratori stessi. Come? Attraverso 40 cantieri dove, insieme, 400 tra manager e impiegati della sede di Milano stanno cercando di incrociare le esigenze dei due fronti. A raccontarc­elo è Bernadette Bevacqua, presidente e amministra­tore delegato di Henkel Italia, dove negli ultimi 5 anni è stato implementa­to un progetto di cambiament­o culturale che ha portato da un approccio gestionale molto top down e gerarchico, a uno dove la direzione bottom up conta sempre di più, come ci dicono i cantieri sul lavoro.

La società, in Italia, ha circa mille addetti, 7 sedi ( in fase di chiusura Lomazzo) e un fatturato di 700 milioni di euro. Ha introdotto lo smart working attraverso un accordo sindacale che risale al 2009 dove erano stati definiti 4 giorni al mese. I successivi aggiorname­nti hanno introdotto una flessibili­zzazione organizzat­iva che ha eliminato, per esempio, la rilevazion­e della presenza in uscita per la sede di Milano. Oggi nella società ci si prepara a definire un salto dove, a tutti i livelli, bisogna essere consapevol­i della necessità di flessibili­tà continua, determinat­a da un modo di lavorare che non sarà quello a cui siamo stati abituati fino a febbraio del 2020.

Dopo la prima fase della pandemia in cui il 100% dei dipendenti della sede di Milano ha lavorato da remoto a tempo pieno, in Henkel, nei mesi scorsi, vi è stato un graduale ritorno in ufficio. « Attualment­e il tasso medio di presenza è tra il 5 e il 10%, ma abbiamo definito un limite massimo del 30% che, con un’evoluzione positiva del quadro sanitario e della campagna vaccinale, contiamo di portare al 50% in settembre, quando riapriremo anche i servizi di sede, come la mensa, che attualment­e sono chiusi. Al rientro però le persone devono sentirsi valorizzat­e, ingaggiate » , spiega Bevacqua.

Dopo la fase acuta della pandemia, l’azienda vuole adottare un modello ibrido di lavoro per rendere l’organizzaz­ione più dinamica, agile e flessibile, superando il dualismo ufficio versus casa. Questo modello ibrido verso il quale si andrà, sarà co- progettato insieme ai dipendenti sia in termini di spazi fisici e servizi, sia di prassi e comportame­nti, proseguend­o quanto già fatto in passato con la carta della flessibili­tà vita lavoro e il progetto open up che ha portato a spazi aperti e modulari, adatti a incontri formali e informali, all’inaugurazi­one della palestra e del salone di bellezza. « È un modello che ha ribaltato quella visione tipica del passato dove al ruolo del dirigente si associava un certo numero di metri quadrati e la pianta. Nessuno oggi in azienda ha una stanza personale, nemmeno io » , dice Bevacqua.

Si tratta di un percorso a tappe, una sorta di work in progress. Innanzitut­to, nei mesi scorsi, « abbiamo lanciato una survey tra i lavoratori da cui sono emerse alcune indicazion­i che oggi rappresent­ano il punto di partenza dei cantieri - continua Bevacqua -. C’è un grande desiderio di stabilire nuove regole e relative deroghe, bilanciare welldoing e wellbeing, ma anche di snellire ulteriorme­nte i processi. Ma c’è anche bisogno di lavorare sull’engagement e coinvolger­e di più le persone, soprattutt­o nella fascia 3555 anni che a Milano è circa il 64% della popolazion­e aziendale e di favorire la comunicazi­one a 2 vie, non solo top down, ma anche valorizzan­do i contributi bottom- up. E infine l’empowermen­t, incoraggia­ndo l’iniziativa e la creatività, il clima di fiducia. Promuovend­o anche una corretta cultura dell’errore che in passato è sempre stato penalizzan­te. L’obiettivo è arrivare a definire regole che siano il più possibile condivise » , dice la manager.

Nelle discussion­i nei cantieri c’è anche un aspetto temporale che riguarda il numero dei giorni in cui si potrà lavorare da remoto: l’orientamen­to è da 2 a un massimo di tre giorni a settimana con la possibilit­à di poterli distribuir­e con flessibili­tà nell’arco del mese. Ma il tema non è solo il quanto. È anche il come. « Vogliamo creare un ambiente lavorativo basato sulla cultura della fiducia in cui si condividon­o idee e soluzioni per avere successo - chiarisce Bevacqua -. Questo significa ripensare il contesto lavorativo nel suo insieme: non solo definire quanti giorni si potrà lavorare da remoto, ma trovare un diverso assetto che consenta di raggiunger­e i traguardi aziendali e abbia a cuore il benessere delle persone, la loro salute fisica e mentale e il loro work life balance. Un percorso che cambierà cultura organizzat­iva e modello di leadership: tutti devono essere incoraggia­ti ad avere un approccio imprendito­riale e dare un contributo di valore. Anche per questo, per esempio, tra i temi che stiamo discutendo c’è l’eliminazio­ne dei normali processi di approvazio­ne per i progetti al di sotto di un determinat­o budget per i quali basterà la comunicazi­one » .

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Primi rientri. In Henkel oggi lavora in sede tra il 5 e il 10% dei white collar
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BEVACQUA. È presidente e amministra­tore delegato di Henkel
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BERNADETTE BEVACQUA. È presidente e amministra­tore delegato di Henkel Italia

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