Il Sole 24 Ore

Rivalutazi­one a ostacoli per i diritti patrimonia­li

Manca un’indicazion­e per l’affrancame­nto in scadenza il 30 giugno Effetto fortemente limitato se il calcolo non si basasse sul reale valore economico

- Giorgio Gavelli

Il prossimo 30 giugno scade il termine per l’asseverazi­one delle perizie ed il pagamento della prima o unica rata di affrancame­nto di valore dei terreni ( edificabil­i e non) e delle partecipaz­ioni non quotate. L’ennesima opportunit­à è stata prevista dai commi 1122 e 1123 dell’articolo 1 della legge 178/ 2020, che conferma l’aliquota unica di imposta sostitutiv­a dell’ 11% da applicarsi sul valore periziato proporzion­almente alla quota di proprietà ( o altro diritto reale) posseduta dal contribuen­te alla data del 1° gennaio scorso.

Vale la pena di ricordare che il termine non è legato a quello dei versamenti dichiarati­vi, per cui non si proroga assieme ad essi né può essere posticipat­o di 30 giorni versando la maggiorazi­one dello 0,4 per cento. Inoltre, giova osservare che, per chi sceglie di versare in tre rate di pari importo, sull’ammontare delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, oramai del tutto anacronist­ica ( si veda, ad esempio come il legislator­e ha “gestito” le rate dell’imposta sostitutiv­a sulla rivalutazi­one dei beni d’impresa, di cui all’articolo 110, comma 6, del Dl 104/ 2020).

Con la circolare 1/ E/ 2021, l’Agenzia, oltre a ricordare le linee essenziali dell’istituto, ha approfondi­to alcuni temi assai diffusi, quali quelli dei titoli quotati sul sistema Aim, delle partecipaz­ioni detenute in regime di comunione dai coniugi, della ridetermin­azione di una parte soltanto delle partecipaz­ioni detenute e dell’indicazion­e nell’atto di cessione dei terreni di un valore inferiore a quello periziato ( si veda Il Sole 24 Ore del 23 gennaio).

Né la norma, né la prassi amministra­tiva ha invece affrontato il tema dei diritti patrimonia­li rafforzati, i quali, come ha ricordato Assonime in una news legislativ­a del 2 luglio 2020, restano senza chiariment­i specifici.

In particolar­e, dovrebbe essere espressame­nte previsto che, per le partecipaz­ioni con diritti patrimonia­li rafforzati, il valore da sottoporre a rivalutazi­one debba essere determinat­o non sulla base della corrispond­ente frazione di patrimonio netto della società ( come affermato dall’agenzia delle Entrate in linea generale, ad esempio nella circolare 47/ E/ 2011) ma sulla base dell’effettivo valore economico attribuibi­le, proprio in virtù della presenza dei diritti patrimonia­li rafforzati, a tali partecipaz­ioni.

Una rivalutazi­one solo parziale stride con la ratio di fondo del regime di affrancame­nto

La riforma del diritto societario attuata con il Dlgs 6/ 2003, in un’ottica di ottimizzaz­ione della capacità delle imprese di reperire risorse sul mercato dei capitali, ha ribadito la possibilit­à, per le società di capitali, di dotarsi di titoli partecipat­ivi che incorporan­o varie tipologie di diritti ( patrimonia­li e non). A questo fine, l’articolo 2348 del Codice civile è stato modificato per precisare che « si possono … creare, con lo statuto o con successive modificazi­oni di questo, categorie di azioni fornite di diritti diversi … In tal caso la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberament­e determinar­e il contenuto delle azioni delle varie categorie » .

Come ricordato da Assonime, negli ultimi anni, le partecipaz­ioni con diritti patrimonia­li rafforzati si sono diffuse anche come strumento di retribuzio­ne dei manager; si pensi alle azioni portatrici del « carried interest » , cioè del diritto a ricevere una parte più che proporzion­ale dell’utile complessiv­o generato dall’investimen­to, dopo che la generalità dei soci sia stata adeguatame­nte remunerata con un rendimento pari almeno al capitale investito e ad una ulteriore percentual­e prevista nello statuto o nel regolament­o ( « churdle rate » ) .

Atteso che questi titoli comportano il realizzo di plusvalenz­e superiori alla quota nominale di patrimonio in essi rappresent­ata, negare la possibilit­à di un loro affrancame­nto basato sul reale valore economico equivale a consentire una rivalutazi­one solo “parziale” delle suddette partecipaz­ioni, il che, evidenteme­nte, stride con la ratio stessa del regime di affrancame­nto.

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