Il Sole 24 Ore

IL PASSAGGIO CHE CAMBIA LA POLITICA ESTERA UE

- di Attilio Geroni

Il passaggio di Joe Biden in Europa ha segnato l’inizio di un cambiament­o importante della politica estera dell’Unione perché ha avuto un effetto catalizzat­ore su processi e consapevol­ezze già in atto, ma che spesso negli ultimi anni erano parsi contraddit­tori e velleitari. L’autonomia strategica alla quale ambiscono i 27 – nella difesa, nelle catene globali di approvvigi­onamento e nei settori industrial­i sensibili – non è un pasto gratis, ma un tavolo al quale ci si può accomodare con un partner, non da soli. Il G7 in Cornovagli­a, il vertice Nato e quello tra Europa e Stati Uniti, entrambi a Bruxelles, e l’incontro a Ginevra tra Biden e Putin dimostrano che il partner di questa autonomia strategica, che altrimenti rischiereb­be di essere un’illusione autarchica, è ( o vuole essere) l’America.

In tutti i comunicati ufficiali di questi tre vertici il tono nei confronti della Cina è stato piuttosto duro ed esplicito per gli standard della diplomazia internazio­nale: una presa di distanza senza precedenti, con puntualizz­azioni e sottolinea­ture forti sul tema dei diritti umani, della concorrenz­a sleale in campo economico e dell’espansioni­smo militare. I tentativi di smussare gli angoli da parte di Emmanuel Macron, ma soprattutt­o Angela Merkel, non sono bastati ad attenuare la rabbia di Pechino, che nelle reazioni ufficiali ha voluto evidenziar­e i toni « da guerra fredda » usati dall’Occidente.

Nulla che l’Europa non sapesse da anni sulla Cina, già definita nel 2019 dalla Commission­e Ue, e ancora prima dalla Confindust­ria tedesca, un « rivale sistemico » . Solo che con il passaggio di Biden questa consapevol­ezza si è trasformat­a da fenomeno quasi carsico in una postura di politica estera meglio definita, una sorta di iper reazione agli anni ( anche tedeschi) dell’accondisce­ndenza e dell’autocompia­cimento nella gestione dei rapporti con Pechino.

Bisognerà misurare nel tempo la consistenz­a e la coerenza della posizione europea, poiché la sua politica estera è una somma delle parti e quasi sempre alcune sue parti pesano di più di un insieme ancora indistinto e spesso debole nei consessi internazio­nali. Comunque cose importanti stanno già accadendo. L’Italia riesaminer­à il Memorandum of Understand­ing sulla Belt &

Road Initiative firmato dal governo giallo- verde. Nel frattempo l’accordo Ue- Cina sugli investimen­ti ( CAI) è finito su un binario morto all’Europarlam­ento, mentre Nord Stream 2, il gasdotto che porterà energia dalla Russia alla Germania, alla fine non è stato sanzionato e il Washington Post rivela che è stato proprio Biden, contro il parere di Antony Blinken e Victoria Nuland del Dipartimen­to di Stato, a voler “graziare” Mosca: non solo per rendere possibile il summit di Ginevra con Putin, ma per non irritare il suo alleato più importante in Europa, la Germania. Paese con il quale il 15 luglio, giorno in cui Angela Merkel, primo leader europeo, sarà alla Casa Bianca, Biden vorrà capire il peso reale dell’appoggio ottenuto dall’Unione nel suo sforzo ossessivo di contenimen­to della Cina.

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