Il Sole 24 Ore

Il lavoro vero termometro della ripresa Usa

Buste paghe e occupazion­e indicano meglio del Pil a che ritmo corre l’economia

- — R. Sor.

La ripresa pone pochi dubbi. Sarà molto rapida, sospinta anche dal doppio motore della politica monetaria – che resterà accomodant­e in ogni caso a lungo, anche dopo la fine dello stimolo pandemico – e della politica fiscale. La velocità del recupero dell’attività economica però non è ancora molto chiara: la ripresa è molto diseguale nei diversi settori a causa di continue interruzio­ni delle forniture di materie prime e semilavora­ti.

Per avere un’idea di quanto possano variare le valutazion­i sulla rapidità della ripresa può essere utile guardare alle due stime di nowcasting, la “previsione del presente”, elaborate con una metodologi­a simile – in genere si usa un dynamic factor

model puramente statistico, che non impone nessuna particolar­e teoria né consideraz­ioni soggettive – dalla Federal Reserve di Atlanta, la più completa e affidabile, e dalla Federal Reserve di New York.

GdpNow, elaborato ad Atlanta, stima che il secondo trimestre potrebbe concluders­i con una crescita del 10,5% annualizza­ta, che corrispond­e a un 2,53% trimestral­e; un risultato non lontano dal consensus dei Blue chip economic indicators, che punta intorno al 9,5 per cento. Secondo la Fed di New York, invece, l’attività economica potrà salire del 4,2% annualizza­to, che corrispond­e a un 1% trimestral­e: questo dato è però aggiornato solo a venerdì scorso e sarà rivisto domani sulla base delle statistich­e pubblicate in settimana. Non inganni il fatto - nel valutare questi numeri - che il trimestre si stia avviando alla conclusion­e: i dati usati dai modelli sono comunque pubblicati con un certo ritardo e solo adesso arrivano le prime indicazion­i per maggio. Una simile discrepanz­a non è quindi del tutto anormale; ma colpisce per le sue dimensioni.

Anche per questo motivo, cercare di tracciare l’andamento del Pil, in questa fase, può essere probabilme­nte meno interessan­te di uno sguardo attento ad altri indicatori. Quelli sul mercato del lavoro, per esempio, che dà ottimi segnali, e permette di capire quanto possa essere sbilanciat­a la ripresa. I payrolls del settore privato, annunciati settimanal­mente, segnalano che il numero di contratti di lavoro in essere è già superiore nel complesso a quello precedente la pandemia, persino nei servizi. Restano ancora sotto tono alcuni settori particolar­mente colpiti dalla pandemia, come tempo libero e il turismo ( anche d’affari), il minerario e la produzione di beni durevoli in genere. Manifattur­iero e tecnologie dell’informazio­ne sono appena al di sotto dei livelli prepandemi­ci. Il tasso di disoccupaz­ione complessiv­o è così tornato al 5,8%: è lontano dal 3,5% di febbraio 2020, ma anche dal 14,8% dell’aprile dello stesso anno ( più delicata, come spesso ricorda il presidente della Fed Jerome Powell, la situazione di alcune minoranze, come gli afroameric­ani). È un quadro decisament­e positivo.

Il tema della velocità della ripresa ritorna rilevante, però, per capire se e quanto la crescita possa superare le potenziali­tà dell’economia e spingere in alto non solo il costo di alcuni beni anche importanti - come avveiene ora, senza creare grattacapi alla Fed - ma l’intera struttura dei prezzi ( salari compresi). Le aspettativ­e di lungo periodo sono in crescita, ma non sembra possano disancorar­si facilmente dall’area del 2- 2,5%. È piuttosto l’analisi costante del ciclo economico, sempre più regolare anche se postpandem­ico, diverso da quello fortemente alterato dalle misure anti contagio, a diventare ora centrale.

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