Stabilizzata la ripresa economica in Cina: rallenta il ritmo di produzione e vendite
L’industria in maggio cresce meno del previsto: 8,8% rispetto al 9,8 di aprile Sul fronte dei consumi interni il retail segna + 12,7% contro il precedente + 17,7%
La ripresa dell’economia cinese inizia a consolidarsi, ma in agguato ci sono troppi fattori che potrebbero remare contro quella “crescita reale” tanto auspicata dai vertici di Pechino.
Sul banco degli imputati, nell’ordine, c’è la corsa dello yuan che si è apprezzato quasi del 10% sul dollaro nell’ultimo anno, raggiungendo il massimo da tre anni a maggio.
Per cercare di “raffreddarlo”, la Banca centrale cinese ha perfino chiesto al sistema bancario di incrementare la disponibilità di valuta estera, ed è la prima volta che accade dalla crisi finanziaria del 2008.
L’aumento dei prezzi delle materie prime enfatizzato dalla speculazione sui futures ha fatto resto, mentre, dietro l’angolo, si profilano le interruzioni della catena di approvvigionamento globale.
Nel GuangDong si cerca di minimizzare e di far rientrare l’ingorgo di settimane di ritardi nei porti determinato dai controlli strettissimi sui casi di Covid- 19, un incidente di percorso in una zona nevralgica per l’economia cinese che potrebbe scaricarsi, insieme allo yuan forte, sull’import- export.
Anche in aprile l’aumento della produzione e dei consumi erano stati positivi, tuttavia è il calcolo mese su mese a rivelare la vera tendenza. La produzione industriale cinese a maggio è cresciuta sì del
La spesa delle famiglie non è ancora il fattore trainante di una crescita guidata soprattutto dall’industria
l’ 8,8%, tuttavia meno del 9,8 del mese precedente, al pari degli investimenti in immobilizzazioni: 15,4% contro il 16,9 e in frenata rispetto al balzo del 19,9% in gennaio- aprile.
Più lenta ancora la vendita al dettaglio del 12,4% (+ 17,7% in aprile) contro il 14% atteso. Si puntava sulla spesa per turismo, ma anche in questi giorni la festa del Dragon Boat non ha dato i frutti sperati: il numero dei viaggiatori è stato pari al 77% del volume registrato l’anno scorso, l’anno della pandemìa.
Non c’è molta voglia di spendere, le famiglie e le piccole e medie imprese accusano il colpo della fine degli incentivi statali ormai in via di esaurimento mentre la stretta al credito non accenna ad allentarsi. Le iniezioni di liquidità della Banca centrale dovrebbero trasmettersi al sistema interbancario e allentare la morsa.
I consumi interni, questa è la novità, non decollano.
Per il momento almeno è ancora l’industria a trainare l’economia. Non è una buona notizia per i vertici di Pechino, il principio della dual circulation è stato enfatizzato in quanto essenziale a spingere la riconversione dell’economia cinese, lanciando in parallelo la dimensione internazionale dell’economia cinese.
L’inflazione, invece, sta giocando un ruolo molto importante anche sul versante delle famiglie il cui potere di acquisto viene ridotto drammaticamente. Ecco perchè i consumi continuano a non crescere a sufficienza.
Sul fronte esterno, inoltre, va ricordato che gli investimenti diretti esteri stanno rallentando anche nel primo trimestre di quest’anno, a causa della pandemìa ma anche dei filtri introdotti dai vari Governi agli investimenti cinesi. Nel 2020 il crollo è stato del 45%.
Mancano anche strumenti adeguati per permettere ai capitali cinesi di defluire all’estero per sostenere investimenti anche da parte di persone fisiche, da qui l’idea di aumentare le quote autorizzate per gli investimenti stessi. Pechino ha cercato di spingere l’acceleratore, bisognerà vedere cosa succede nelle prossime settimane.
In questo contesto le aspettative di aumento del Pil atteso nel 2021 potrebbero risentirne. Nel secondo trimestre, realisticamente, Pechino potrebbe puntare al 6.2% e al 5% nel terzo. L’ottimistico 8- 8,5% è a rischio, e il Governo si è messo già al riparo da sorprese indicando nel documento di programmazione per l’anno in corso un più realistico target oltre il 6 per cento.