Commercialisti, aggregazioni come leva per il rilancio
La categoria chiede anche incentivi, equo compenso e tutele per gli autonomi
Per aiutare le professioni a superare l’attuale crisi è necessario favorire le aggregazioni tra professionisti anche attraverso incentivi fiscali. Il mercato, infatti, è ancora molto parcellizzato: il 61,3% dei commercialisti svolge l’attività in forma individuale, e il 71,1% degli studi non supera i cinque addetti ( tra professionisti, collaboratori, dipendenti e praticanti).
È quanto ha detto ieri Roberto Cunsolo del Consiglio nazionale dei commercialisti durante l’audizione presso la XI Commissione permanente lavoro pubblico e privato che sta portando avanti un’indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro.
Il rilancio del comparto professionale e la riduzione delle disparità geografiche, anagrafiche e di genere che la pandemia ha acutizzato, secondo i commercialisti non possono prescindere da alcuni interventi. In particolare la categoria chiede: incentivi per le aggregazioni; incentivi per l’avvio alla professione di giovani e donne; l’equiparazione dei professionisti alle Pmi per l’accesso agli aiuti e ai crediti di imposta; l’introduzione dell’equo compenso; l’istituzione di un ammortizzatore sociale che assicuri una protezione per i lavoratori autonomi analoga a quella dei lavoratori dipendenti; l’implementazione del sistema di politiche attive tramite incentivi e voucher formativi.
Interventi oggi quanto mai necessari alla luce dell’andamento registrato negli ultimi anni dal comparto professionale: dal 2007 al 2019 la branca delle « Attività professionali, scientifiche e tecniche » ha subito un vero e proprio crollo con un calo a due cifre pari a - 12,5%. I redditi medi dei professionisti iscritti alle Casse di previdenza in dieci anni hanno perso il 6,5% in termini nominali e il 14,5% in termini reali; un calo che ha riguardato anche i commercialisti che tra il 2008 e il 2019 hanno subito una contrazione del reddito reale del 10,8%; nello stesso periodo il numero di abitanti per ogni commercialista è sceso da 555 a 508. La professione teme ora anche l’effetto che la crisi pandemica potrebbe avere sulle Pmi operative nei settori maggiormente colpiti dalla crisi Covid- 19, dato che oltre i due terzi dei compensi professionali derivano dall’attività ordinaria di assistenza e consulenza proprio alle piccole e medie imprese.
Tornando ai numeri della categoria per la prima volta gli iscritti alla sezione A dell’albo hanno registrato un segno negativo ( - 0,1%); cresce l’età media, passata da 44 anni nel 2008 a 48 anni nel 2020, e diminuiscono le nuove leve: i praticanti sono infatti calati del 9,8% mentre gli iscritti under- 40 sono passati in dieci anni dal 30% del 2009 al 14% del 2019.
I commercialisti hanno anche sottolineato alla Commissione l’estraneità dei professionisti al sistema minimo di tutela; fenomeno riscontrato anche nelle ipotesi di oggettivo impedimento dovuto a cause di salute. Su questo tema ieri le sigle sindacali dei commercialisti ( Adc, Aidc, Anc, Andoc, Fiddoc, Sic, Unagraco, Ungdcec e Unico) con un comunicato congiunto hanno fatto un appello perché riprenda al più presto l'iter del Ddl malattia e infortunio dei professionisti, ora fermo in Senato.