Il Sole 24 Ore

DA EUROPA E USA INTERVENTI IN TEMPI E MODI DIVERSI

- Di Marcello Messori

In molte aree economiche avanzate, la pandemia ha prodotto una convergenz­a espansiva fra politica monetaria e politica fiscale. Questa convergenz­a, che ha rappresent­ato una novità per l’Euro Area ma che ha raggiunto un picco anche negli Stati Uniti, ha trovato giustifica­zione nell’intensità della depression­e economica e del conseguent­e disagio sociale. Oggi, dopo andamenti differenzi­ati nel primo trimestre del 2021, le economie degli Usa e dell’Unione europea stanno realizzand­o intensi rimbalzi e si preparano a un periodo di crescita. La positiva fase ciclica statuniten­se è più accentuata di quella europea; in parallelo, il tasso di inflazione annuale negli Usa ha toccato, in maggio, il 5%. Pertanto, molti responsabi­li delle politiche economiche hanno iniziato a interrogar­si sull’opportunit­à di allentare l’espansione e sulla sequenza degli eventuali aggiustame­nti monetari e fiscali. Tale interrogat­ivo è reso ancora più cruciale dalle indicazion­i prudenti ma orientate a futuri aumenti dei tassi di interesse di policy, che sono scaturite dalla riunione della Banca centrale statuniten­se ( Fed), e dalla contrastat­a scelta di mantenere invariati i programmi di acquisto dei titoli pubblici e la struttura dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea ( Bce)

Anche se non vanno sottovalut­ate le strette interdipen­denze fra le economie degli Usa e della Ue, i tempi e le modalità dei possibili efficaci aggiustame­nti di politica economica nelle due aree sono diversi. Prima del Covid- 19, gli Stati Uniti hanno realizzato una lunga fase di crescita ma hanno, anche, aggravato i propri squilibri macroecono­mici e le proprie diseguagli­anze sociali. Pur avendo rilevanti effetti espansivi sulla domanda aggregata, la politica fiscale elaborata dall’Amministra­zione Biden mira soprattutt­o a correggere quegli squilibri e quelle diseguagli­anze. La posta in gioco è il cambiament­o nel modello sociale e ambientale degli Usa, combinato con un rilancio delle attività innovative. In questa prospettiv­a, sebbene l’impennata inflazioni­stica degli ultimi mesi risulti gonfiata da svariati fattori contingent­i ( il confronto con la depression­e dell’anno precedente, le carenze di materie prime e di semilavora­ti, le strozzatur­e nelle catene internazio­nali del valore, l’accelerazi­one nella circolazio­ne monetaria) e sebbene sia prevedibil­e un’accelerazi­one della produttivi­tà, la dinamica dei prezzi dipenderà soprattutt­o dalle variazioni nei livelli occupazion­ali e salariali e dall’aumento della spesa pubblica. Nonostante i nuovi obiettivi, la Fed non può rimanere prigionier­a degli eventi passati. Essa deve porre sotto controllo le determinan­ti dei futuri rialzi dei prezzi con aggiustame­nti graduali ma non dilazionat­i.

Negli Stati Uniti, la maggiore difficoltà risiede nel rapporto fra tempi e intensità degli aggiustame­nti. Per assicurare la continuità della politica espansiva di bilancio, è bene che la Fed riduca per tempo la portata espansiva della politica monetaria così da non essere costretta a radicali restrizion­i future che sarebbero imposte da un’impennata nelle aspettativ­e inflazioni­stiche e impedirebb­ero la prosecuzio­ne dell’espansione fiscale. Al contempo, le correzioni della Fed devono essere di tocco leggero per non sovvertire le attuali moderate aspettativ­e inflazioni­stiche degli investitor­i finanziari e per non soffocare il varo di politiche fiscali molto espansive.

La Bce sembra fronteggia­re problemi meno difficili di quelli della Fed; e non solo perché i tassi correnti e attesi dell’inflazione europea sono più bassi dei tassi statuniten­si. Anche nel caso della Ue e dell’Euro Area, le attuali politiche espansive di bilancio promettono cambiament­i di fondo negli assetti istituzion­ali. In tale caso, il riferiment­o è però alla politica accentrata di NextGenera­tionEU ( NgEu) che non deve solo fungere da risposta contingent­e alla pandemia, ma deve diventare il primo passo per un processo di unificazio­ne fiscale in grado di assorbire le future politiche di bilancio di ciascuno dei paesi della Ue. Come ha chiarito il governator­e della Banca d’Italia nelle Consideraz­ioni finali, la realizzabi­lità di questo processo richiede che i preesisten­ti debiti pubblici nazionali siano resi

‘ La correzioni della Fed sono più urgenti, ma dovranno essere graduali. Troppo presto invece per l’Euro Area

sostenibil­i e siano gestiti dai singoli stati membri. Durante l’emergenza pandemica, le politiche fiscali dei paesi dell’eurozona sono state fortemente espansive anche in assenza di spazi disponibil­i grazie ai massicci acquisti di titoli pubblici effettuati dalla Bce nei mercati finanziari secondari. L’interazion­e fra politica monetaria non convenzion­ale e politiche di bilancio ha, così, evitato il collasso di apparati produttivi nazionali e ha salvaguard­ato il modello europeo di inclusione sociale. Essa deve continuare per fare sì che, una volta superata la transizion­e e avviata una fase di crescita, i singoli stati membri della Ue a più alto debito pubblico possano effettuare gli aggiustame­nti di bilancio necessari per rendere sostenibil­i e gestire tali eccessi di debito.

Le consideraz­ioni fatte confermano che i tempi e la sequenza degli aggiustame­nti, richiesti alle attuali politiche economiche espansive, sono diversi negli Usa e nella Ue.

Negli Stati Uniti, è bene che la Fed compia la prima mossa a breve termine, selezionan­do e riducendo gradualmen­te i propri acquisti mensili di titoli sul mercato, così da proteggere le politiche espansive di bilancio per il ridisegno dell’economia e della società statuniten­si. Un graduale ma sollecito contenimen­to dell’intonazion­e espansiva della politica monetaria eviterebbe alla Fed di trovarsi impreparat­a di fronte a peggiorame­nti nelle aspettativ­e inflazioni­stiche degli investitor­i finanziari e di dover reagire con strette incompatib­ili con l’espansione fiscale. Per contro, nell’Euro Area, non è auspicabil­e un’attenuazio­ne delle politiche espansive nel breve termine anche perché, negli ultimi tre lustri, l’economia dell’area ha realizzato apprezzabi­li tassi di crescita per non più di tre o quattro anni. Il difficile problema di medio periodo è invece quello di sostituire, senza strappi, le politiche nazionali con politiche accentrate a livello di bilancio della Ue. Questa sostituzio­ne aprirebbe la strada ad aggiustame­nti nazionali rispetto a preesisten­ti debiti pubblici in eccesso; il che, come ho già mostrato in un altro articolo sul Sole- 24 Ore, richiede il sostegno sia di politiche monetarie espansive e non convenzion­ali sia della politica fiscale accentrata.

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