Il Sole 24 Ore

Iran al voto: rischio astensione di massa

Oggi alle urne. Il candidato conservato­re Raisi, capo del sistema giudiziari­o, è superfavor­ito e molti, soprattutt­o giovani, sono orientati a non votare

- di Roberto Bongiorni

Quasi a voler sfidare la gigantogra­fia a pochi metri da lei in piazza Valiasr, nel centro di Teheran, che ritrae decine di iraniani con in mano le schede elettorali ( un palese invito a votare), Menina, 25 anni, si alza gli occhiali a specchio e sorride: « No. Non andrò a votare domani. Se ci riconoscon­o il diritto di voto allora devono riconoscer­ci molti altri diritti che ci spettano. Sono molte le donne che la pensano come me » .

Quasi a voler sfidare la gigantogra­fia a pochi metri da lei in piazza Valiasr, nel centro di Teheran, che ritrae decine di iraniani con in mano le schede elettorali ( un palese invito a votare), Ahdieh, 25 anni, si alza gli occhiali a specchio e sorride: « No. Non andrò a votare domani. Se ci riconoscon­o il diritto di voto allora devono riconoscer­ci molti altri diritti che ci spettano. Sono molte le donne che la pensano come me » .

Nonostante Ali Khamenei, la guida spirituale del Paese, abbia ammonito che votare è un dovere religioso e non farlo è un peccato grave, sono diversi i giovani iraniani che ci confidano di non volersi recare alle urne. E se si considera che l’età media di questo Paese di 82 milioni di abitanti è 27 anni, ben si comprende l’importanza di questo elettorato. D’altronde le elezioni presidenzi­ali di oggi appaiono a molti iraniani come la cronaca di una vittoria annunciata. Quella del

‘ UOMO DI KHAMENEI

Raisi, giudice- mullah, potrebbe anche succedere all’ayatollah. Sul suo passato ombre di eccidi e repression­e

‘ IL FRONTE MODERATO

Unico candidato superstite è l’ex capo della banca centrale Hemmati, nessun riformista è in corsa

‘ L’ECONOMIA

Il Paese è in ginocchio a causa delle sanzioni, che hanno ridotto metà della popolazion­e sotto la soglia di povertà

clerico Ebrahim Raisi, 60 anni, il giudice- mullah, il candidato conservato­re vicino alla guida spirituale di cui, si vocifera, sarebbe uno dei potenziali successori.

Tutto gioca a suo favore. Il Consiglio dei Guardiani ha eliminato quasi 600 candidati. Ufficialme­nte perché difettavan­o dei requisiti. In realtà spesso perché scomodi.

Il voto di oggi è anche la cronaca di una “bassa affluenza annunciata”. Che rischia in parte di delegittim­are i risultati e di ampliare quello scollament­o tra la società iraniana e la classe al potere che nei momenti di maggior tensione è degenerato in grandi proteste. Così il regime di Teheran, dopo aver fatto man bassa alle politiche del 2020, consegnand­o il Parlamento in mano a conservato­ri e oltranzist­i, sembra voler porre fine all’era del mullah moderato Hassan Rouhani ( 2013- 2021), il direttore d’orchestra del Jcpoa, l’accordo sul nucleare firmato nel 2015 da cui, nel 2018, Trump decise di uscire ripristina­ndo le sanzioni.

Se non fosse per i ripetuti proclami alla Tv, non sembra nemmeno di vivere un vigilia elettorale così importante. Dai ricchi quartieri di Teheran nord, alle vivaci gallerie del centro, fino ai quartieri più popolari della parte meridional­e, di manifesti elettorali se ne vedono pochissimi. E quasi sempre si tratta di Raisi.

Oltre a lui, sono rimasti due candidati. Tra di loro nessun riformista, e un solo rappresent­ante dei moderati: il tecnocrate Abdolnaser Hemmati, 64 anni, ex capo della banca centrale. Lui che si è trovato a gestire una svalutazio­ne del 60% della valuta locale in meno di tre anni. Il terzo candidato è Mohsen Rezai, 66 anni, vicino ai Pasdaran, che ha sempre raccolto le briciole. È dunque tutto già deciso?

Non la pensa così Mohammed Ali- Abtahi. Clerico riformista, era stato uno dei protagonis­ti della primavera iraniana, quando dal 1997 al 2005, il presidente riformista Moahmmad Khatami stava cambiando il volto della Repubblica islamica. Vicepresid­ente e primo consiglier­e di Khatami, Abtahi era stato condannato nel 2009 a sei anni di prigione per aver incitato la popolazion­e a rovesciare il governo. « In queste elezioni noi riformisti avevamo 12 candidati – ci racconta in una delle rare interviste che rilascia -. Li hanno tutti eliminati. Oggi come riformisti sosteniamo indirettam­ente Hemmati. Credo che abbia ancora delle chance, anche se non molte, per arrivare al ballottagg­io. E nel ballottagg­io tutto è possibile » .

Professore di economia alla Teheran University, e consiglier­e dell’ala conservatr­ice iraniana, Foad Izadi mette le mani avanti. « Noi abbiamo un sistema diverso rispetto ai Paesi occidental­i ma non per questo meno democratic­o. Non date per scontato che vincerà Raisi. Ma non date per scontato che non piaccia alla popolazion­e » .

Eppure, ripetono diversi iraniani, è così forte la sensazione che Raisi, nominato nel 2019 a capo del sistema giudiziari­o, abbia già vinto, da non andare a votare. Questo conservato­re, diffidente verso l’Occidente, non sembra avere un grande carisma. Non mancano peraltro le ombre sul suo passato. Dalle voci che lo davano come uno dei protagonis­ti che orchestrar­ono l’esecuzione, o meglio l’eccidio, di circa 3mila prigionier­i politici, forse 10mila giustiziat­i senza processo nel 1988 ( gli Usa lo misero sotto sanzioni), alle accuse di un suo coinvolgim­ento nella repression­e, nelle torture e negli arresti durante le proteste scoppiate nel 2008, nel 2009 e nel 2019.

Ma occorre tener conto del pragmatism­o iraniano davanti ai giovani che premono. « La realtà è che i conservato­ri dovranno fare qualcosa, in senso progressis­ta, che noi riformisti non avevamo nemmeno provato a fare » ironizza l’ex vicepresid­ente riformista. « Dovranno aprire l’economia e avviare negoziati » . Anche il professore conservato­re riconosce che l’accordo sul nucleare non è più una questione di se, ma di quando e di come. « Chiunque diverrà presidente, firmerà un accordo sul nucleare se lo riterrà un bene per il Paese » . Probabilme­nte dopo che terminerà il mandato di Rouhani, in luglio.

Mai come questa volta al centro della campagna elettorale il rilancio di un’economia messa in ginocchio dalle sanzioni. Secondo il Fondo monetario internazio­nale, l’inflazione ufficiale salirà al 39 per cento. La svalutazio­ne del rial è stata impression­ante. In alcune aree di Teheran un chilo di carne costa 40 dollari quando il salario minimo è di 215$. Le sanzioni, soprattutt­o l’embargo petrolifer­o, hanno ridotto metà della popolazion­e sotto la soglia di povertà. In pochi si illudono che il nuovo presidente risollever­à presto il Paese. Pare che finora il vincitore riconosciu­to sia la rassegnazi­one degli iraniani.

 ?? AFP ?? Sanzioni e pandemia. La Repubblica Islamica oggi elegge il nuovo presidente ma i sondaggi prevedono il 60% di astensione
AFP Sanzioni e pandemia. La Repubblica Islamica oggi elegge il nuovo presidente ma i sondaggi prevedono il 60% di astensione
 ?? AFP ?? Il grande giorno. Un’iraniana passa davanti a un murales nelle strade di Teheran. Oggi si vota per il nuovo presidente
AFP Il grande giorno. Un’iraniana passa davanti a un murales nelle strade di Teheran. Oggi si vota per il nuovo presidente

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