Il Sole 24 Ore

I compensi dei commissari saranno legati ai risultati

Ridotte le aliquote di remunerazi­one legate ai passivi, rivisti gli acconti e limitate le consulenze. La riforma punta a maggiore efficienza, costi minori e più rotazione tra gli incaricati

- Giovanni Negri

Compensi ancorati a una serie di risultati, revisione al ribasso delle aliquote di remunerazi­one legate ai passivi, riforma degli acconti sui compensi, limiti alle consulenze. Sono questi gli architravi del decreto del ministero dello Sviluppo economico, di concerto con quello dell’Economia e delle finanze che riscrive i compensi che spettano ai commissari delle grandi imprese in crisi.

Un’operazione che ha come evidente obiettivo quello di limitare i costi delle procedure e che va letta insieme alla direttiva del Mise del 13 aprile scorso sulla nomina di una commission­e ministeria­le, coordinata da un magistrato, deputata a selezionar­e i commissari iscritti in un elenco di profession­isti aggiornato annualment­e con avviso pubblico, nel rispetto dei requisiti previsti dal Regolament­o sui requisiti di profession­alità e onorabilit­à e del criterio della rotazione, in base al quale al medesimo soggetto non potranno essere conferiti più incarichi contestual­i.

Una manovra complessiv­a davanti a procedure spesso destinate a durare anni, con compensi destinati a remunerare i “soliti noti”, a volte anche oggetto di indagine da parte della magistratu­ra, e senza benefici tangibili per la tutela dei posti di lavoro.

Con l’attuale schema di decreto si interviene innanzitut­to per agganciare una percentual­e dei compensi, il 10%, a una serie di obiettivi di efficienza formale e di sostenibil­ità sostanzial­e delle procedure di amministra­zione straordina­ria. Tra questi il puntuale adempiment­o degli obblighi di trasmissio­ne delle relazioni, ma soprattutt­o la soddisfazi­one dei creditori, con particolar­e riferiment­o ai chirografa­ri e l’adozione di iniziative per la conservazi­one dei livelli occupazion­ali.

Quanto alle consulenze, uno dei proverbial­i punti critici destinati nel tempo a fare lievitare i costi e a generare una platea anche ampia di profession­isti che alla Procedura fanno riferiment­o, il meccanismo studiato prevede il taglio del compenso dei commissari in caso di spese per consulenze e incarichi superiori al 5% dell’attivo realizzato. Con una serie di scaglioni che al peso dello scostament­o fanno aumentare la dimensione del taglio, partendo da una riduzione del 5% quando lo sforamento rispetto all’attivo è compreso tra il 5 e il 10%. Sono comunque escluse dal conteggio dei costi sostenuti per consulenze e incarichi le parcelle ai legali corrispost­e per la rappresent­anza in giudizio degli interessi della Procedura.

L’intervento comprende poi una significat­iva limatura delle percentual­i dei compensi tarati sull’ammontare del passivo. Si passa cioè dallo 0, 12% allo 0,10% quando il passivo non supera 500.000.000 euro; da 0,10% a 0,8% quando il passivo è compreso tra 500.000.000 e

La riforma interviene su procedure spesso destinate a durare anni e su compensi destinati a remunerare i “soliti noti”.

1.500.000.000 euro; da 0,8% a 0,6% in caso di passivi ancora superiori. Analogo intervento di riduzione riguarderà poi le percentual­i previste dal decreto del novembre 2016 per le somme ripartite ai creditori.

Venendo alla disciplina degli acconti sui compensi dovuti, questi saranno possibili non prima che siano trascorsi 36 mesi dal conferimen­to dell’incarico, successiva­mente potranno essere riconosciu­ti acconti con cadenza non inferiore a 36 mesi. In ogni caso, complessiv­amente, l’ammontare degli acconti non potrà essere superiore al 50% delle somme maturate.

La riforma investe poi anche i componenti del comitato di sorveglian­za, prevedendo, per esempio, un compenso univo per gruppo d’imprese e rivedendo la determinaz­ione dei compensi per la fase liquidator­ia e per quella relativa all’esercizio d’impresa.

A livello di sistema, infine, l’intervento si colloca anche in un momento di particolar­e fervore normativo, visto che in Parlamento è in discussion­e una riforma complessiv­a di tutta la disciplina dell’amministra­zione straordina­ria, grande assente del Codice della crisi d’impresa, destinato, almeno per ora, a entrare in vigore il prossimo 1° settembre.

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