Fisco, prove d’intesa sugli acconti a rate
In commissione si fa spazio l’idea di un regime opzionale per dilazionare i pagamenti
Nel cantiere parlamentare al lavoro alle commissioni Finanze sulla riforma fiscale prova a farsi strada anche l’ipotesi di un regime opzionale sugli acconti delle partite Iva, per consentire a chi lo vuole di superare il calendario attuale fondato sui due appuntamenti di giugno e novembre per spalmare i pagamenti su più rate senza interessi e sanzioni. Gli ostacoli tecnici su questa strada non mancano, a partire dalle possibili ricadute sui saldi di finanza pubblica che un regime opzionale invece che generalizzato punta almeno a contenere.
Il tema è fra quelli su cui in questi giorni si è registrato il tasso di convergenza maggiore fra le forze politiche che stanno provando a costruire un documento unitario per la proposta parlamentare da sottoporre al governo in vista della legge delega che andrà presentata entro la fine di luglio. I prossimi sono i giorni decisivi, perché l’appuntamento finale per la definizione del documento è fissato per il 30 giugno.
Naturalmente le possibilità di un accordo sono proporzionali alla disponibilità dei vari partiti di smussare i propri obiettivi politici in nome di un’intesa più larga. La questione degli acconti ne è un esempio chiaro. La Lega punta infatti all’abolizione tout court delle ritenute d’acconto come misura per favorire in particolare i professionisti più giovani. Ma sul punto trova per esempio l’obiezione dei Cinque Stelle che vedono nella ritenuta d’acconto anche uno strumento antievasione e temono che una rateizzazione spinta dei versamenti finisca per moltiplicare gli avvisi bonari. L’ipotesi di introdurre il meccanismo come opzionale portebbe smussare molti di questi punti di confronto.
Tra i punti su cui si conferma la possibilità di accordi c’è poi il superamento dell’Irap, tradotto in una fusione con l’Ires, e il rilancio dell’Iri ( Sole 24 Ore dell’ 11 giugno). Anche in questo caso, però, lo sviluppo delle proposte deve ancora affrontare davvero il problema della gestione finanziaria della riforma. Perché, come si è detto nell’ultima plenaria delle due commissioni mercoledì scorso, è vero che il documento non ha bisogno della « bollinatura » da parte della Ragioneria generale dello Stato. Ma una proposta caratterizzata da un equilibrio finanziario almeno di massima ha sicuramente più chance di essere assunta come base per la delega del governo senza ridursi a un vuoto esercizio di dialettica politica.