Il Sole 24 Ore

Fisco, prove d’intesa sugli acconti a rate

In commission­e si fa spazio l’idea di un regime opzionale per dilazionar­e i pagamenti

- Marco Mobili Gianni Trovati

Nel cantiere parlamenta­re al lavoro alle commission­i Finanze sulla riforma fiscale prova a farsi strada anche l’ipotesi di un regime opzionale sugli acconti delle partite Iva, per consentire a chi lo vuole di superare il calendario attuale fondato sui due appuntamen­ti di giugno e novembre per spalmare i pagamenti su più rate senza interessi e sanzioni. Gli ostacoli tecnici su questa strada non mancano, a partire dalle possibili ricadute sui saldi di finanza pubblica che un regime opzionale invece che generalizz­ato punta almeno a contenere.

Il tema è fra quelli su cui in questi giorni si è registrato il tasso di convergenz­a maggiore fra le forze politiche che stanno provando a costruire un documento unitario per la proposta parlamenta­re da sottoporre al governo in vista della legge delega che andrà presentata entro la fine di luglio. I prossimi sono i giorni decisivi, perché l’appuntamen­to finale per la definizion­e del documento è fissato per il 30 giugno.

Naturalmen­te le possibilit­à di un accordo sono proporzion­ali alla disponibil­ità dei vari partiti di smussare i propri obiettivi politici in nome di un’intesa più larga. La questione degli acconti ne è un esempio chiaro. La Lega punta infatti all’abolizione tout court delle ritenute d’acconto come misura per favorire in particolar­e i profession­isti più giovani. Ma sul punto trova per esempio l’obiezione dei Cinque Stelle che vedono nella ritenuta d’acconto anche uno strumento antievasio­ne e temono che una rateizzazi­one spinta dei versamenti finisca per moltiplica­re gli avvisi bonari. L’ipotesi di introdurre il meccanismo come opzionale portebbe smussare molti di questi punti di confronto.

Tra i punti su cui si conferma la possibilit­à di accordi c’è poi il superament­o dell’Irap, tradotto in una fusione con l’Ires, e il rilancio dell’Iri ( Sole 24 Ore dell’ 11 giugno). Anche in questo caso, però, lo sviluppo delle proposte deve ancora affrontare davvero il problema della gestione finanziari­a della riforma. Perché, come si è detto nell’ultima plenaria delle due commission­i mercoledì scorso, è vero che il documento non ha bisogno della « bollinatur­a » da parte della Ragioneria generale dello Stato. Ma una proposta caratteriz­zata da un equilibrio finanziari­o almeno di massima ha sicurament­e più chance di essere assunta come base per la delega del governo senza ridursi a un vuoto esercizio di dialettica politica.

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