Il Mes fa il tagliando, tra sfide vecchie e nuove
Compiti più ampi per il fondo salva Stati, utile anche se mai usato durante la pandemia
« Il Mes è emerso dal 2020 più forte, più solido e pronto per affrontare e superare qualsiasi futura sfida alla stabilità finanziaria dell’Eurozona » . Non poteva che essere lusinghiero e carico di ottimismo verso il futuro il bilancio stilato nell’anno più complicato della storia recente per il Meccanismo europeo di stabilità da parte del direttore generale, Klaus Regling. L’occasione per fare il punto della situazione sull’attività del cosiddetto « fondo salva Stati » e per tracciare anche il suo futuro è stata l’assemblea annuale, in programma ieri a Bruxelles.
Dando uno sguardo agli ultimi 12 mesi - oltre a portare avanti l’azione legata agli interventi del passato a favore di Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro - al Mes è stato riservato un ruolo attivo nel fronteggiare l’emergenza Covid. Nessuno Stato ha per la verità attinto alla linea di credito da 240 miliardi di euro predisposta a sostegno alla crisi pandemica e progettata per finanziare i costi sanitari, di cura e di prevenzione diretti e indiretti causati dalla diffusione del virus, disponibile fino al 2022, « ma la sua semplice esistenza - ha ricordato Regling - ha calmato i mercati » .
Per il futuro, il punto di partenza è invece la riforma completata nei primi mesi di quest’anno, attraverso la quale gli Stati membri dell’area euro hanno almeno sulla carta ampliato l’ambito di azione del Mes a salvaguardia della moneta comune. Oltre a rafforzare da una parte le caratteristiche preventive e precauzionali del proprio set di strumenti per consentire la rapida attuazione di programmi finanziari in caso di shock esterni estremi e improvvisi e ad agire dall’altra in più stretta cooperazione con la Commissione Ue avendo un ruolo più importante nella progettazione, negoziazione e monitoraggio dei futuri programmi di stabilità dell’Eurozona, il Mes funzionerà da sostegno comune al Fondo di risoluzione unico per gestire le crisi bancarie. « I governi - ha sottolineato Regling - non avranno bisogno di salvare le grandi banche a spese dei contribuenti, poiché qualsiasi denaro prestato dal Mes sarà rimborsato dal settore bancario stesso » .
Intanto però i dati a consuntivo del 2020 lasciano ancora la sensazione di una potenza di fuoco per il momento ancora poco sfruttata. Il bilancio appena approvato del Mes parla infatti di attività totali in ulteriore crescita negli ultimi 12 mesi per quasi 829 miliardi, ma di un ammontare di finanziamenti concessi agli Stati membri che resta fermo a poco meno di 90 miliardi ( 60 dei quali alla Grecia). La raccolta sui mercati del « fondo salva Stati » viaggia al netto dei titoli scaduti attorno ai 117 miliardi. Nel 2020 sono stati emessi bond con scadenze fra 3 e 10 anni per 30,5 miliardi, 19,5 miliardi dei quali per l’European Financial Stability Facility, tutti a tasso negativo e per gli anni a venire si conta di proseguire con andamento simile: 24,5 miliardi complessivi previsti per il 2021 e 26 miliardi nel 2022. Passo felpato insomma per il Mes, tra il valore simbolico che la sua stessa presenza assicura alla stabilità dell’euro e lo « stigma » che inevitabilmente pende sui Paesi che dovessero riavvicinarvisi in futuro.