Il Sole 24 Ore

Parole semplici che complicano il diritto

Norme & chiarezza

- Andrea Carinci

Il problema è la fretta, che ricerca la sintesi e così l’impiego di formule retoriche per riassumere, in una parola o frase, vicende complesse. Quando però, per fretta, si prende la parola/ frase dimentican­do la funzione originaria e, con essa, il ragionamen­to che intendeva riassumere, la si decontestu­alizza, si rischiano dei pericolosi corto circuiti argomentat­ivi. Prendiamo il caso dell’imputazion­e ai soci del reddito delle società a ristretta base azionaria. Qui, come noto, si impiega il termine “trasparenz­a” per riassumere un ragionamen­to che si compendia, essenzialm­ente, nell’imputazion­e ai soci dell’utile in nero della società. Sennonché, il termine “trasparenz­a” è propriamen­te errato, perché la vicenda che si vuole cogliere non ha nulla a che fare con la trasparenz­a, intesa come riferibili­tà giuridica/ imputazion­e di reddito da altri formato: la vicenda che vuole cogliere è, invece, quella dei soci che, banalmente, si intascano, quindi apprendono materialme­nte, i ricavi in nero della società. Nessuna trasparenz­a, insomma, ma semmai una presunzion­e di distribuzi­one di utili. Sennonché, il termine

trasparenz­a essendo già noto ( società di persone) è facile da ricordare; inoltre, risulta fortemente evocativo di un fenomeno in cui si deve tassare in capo ad un soggetto ( il socio) la ricchezza prodotta da un altro soggetto ( la società). È però un’espression­e errata, che può ingenerare fraintendi­menti, come puntualmen­te accade: una volta che si dimentica la vicenda che intendeva cogliere e si decontestu­alizza la formula “trasparenz­a”, si giunge a ritenere applicabil­e il regime proprio dell’istituto della trasparenz­a. Con la conseguenz­a di arrivare ad imputare, come fosse reddito, i costi indeducibi­li ( Cass. n. 25501/ 2020): peccato che la vicenda cui si viene ad applicare un tale regime nulla ha a che fare con la trasparenz­a per cui il regime stesso è stato dettato. Una situazione analoga accade con l’inerenza quantitati­va. Anche questa è una formula nata per riassumere un più articolato ragionamen­to: le spese sono eccessive in quanto in tutto o in parte simulate o inesistent­i. Non eccesive in senso assoluto, quindi, ma solo superiori a quelle effettive. Ebbene, la locuzione “inerenza quantitati­va” consente di riassumere il ragionamen­to sottostant­e ( il costo è in tutto o in parte indeducibi­le) ma, se si dimentica la vicenda che si vorrebbe così sintetizza­re, la quale nulla ha a che fare con l’inerenza, si finisce per applicare il regime, che è proprio dell’inerenza, per giungere a contestare costi, ritenuti alti, ma la cui esistenza non è assolutame­nte in discussion­e. Un altro caso, recente, attiene all’imputazion­e ai soci dell’Irap dovuta dalle società di persone ( Cass. n.

15341/ 2021). Anche qui, si va per formule, che dovrebbero solo riassumere ragionamen­ti più complessi. Nel caso di specie ( Cass. SS. UU.

10145/ 2021), il ragionamen­to che la formula “imputazion­e dell’Irap” vuole evocare è, banalmente, che « stante una sostanzial­e coincidenz­a degli elementi economici che costituisc­ono i presuppost­i rispettiva­mente dell’imposta accertata a carico della società ( IRAP) e dell’imposta a carico dei soci ( IRPEF) » è giustifica­to l’accertamen­to unitario delle due imposte sui diversi soggetti coinvolti ( società e soci) e, così, il litisconso­rzio necessario tra gli stessi. È chiaro, però, che se si dimentica la vicenda da riassumere, la formula “imputazion­e dell’IRAP” dà luogo a fraintendi­menti. È quasi banale osservare che non vi può essere alcuna imputazion­e per trasparenz­a dell’Irap sui soci: l’Irap è un’imposta e per trasparenz­a si può, semmai, imputare un reddito. Di un’imposta si può traslare il debito e la responsabi­lità, ma non certo prevedere un’imputazion­e per trasparenz­a. Né può essere imputata per trasparenz­a la base imponibile, giacché, se manca la soggezione all’imposta ( pacifica nel caso dell’Irap), l’imputazion­e della base imponibile diventa inutile. Occorre recuperare chiarezza su questi concetti e riportare le formule al loro scopo originario, pena il sovvertime­nto degli assetti sistematic­i del nostro ordinament­o. E sono proprio ipotesi di sovvertime­nto i casi menzionati di tassazione come reddito percepito di costi indeducibi­li, oppure l’imputazion­e per trasparenz­a di un’imposta ovvero la contestazi­one di un costo solo perché asseritame­nte troppo alto. In tutti questi casi, la logica giuridica, come pure gli istituti da applicare, viene mistificat­a. Il ragionamen­to giuridico può esigere formule riassuntiv­e per semplifica­re il discorso: quando però le formule vengono astratte dalle vicende da cui sono state elaborate e vivono di vita propria, si rischiano fraintendi­menti. Il diritto non si fa con gli emoticon.

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