Il Sole 24 Ore

Sul piatto 1,5 miliardi per i dottorati green, digital e innovativi U

- Eugenio Bruno

na doppia scommessa. È quella rappresent­ata dal programma ( micro) di rilancio dei dottorati nell’ambito del piano ( macro) di sostegno dell’intera missione “Istruzione e ricerca” contenuta nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ( Pnrr). Micro non certo per i fondi, visto che in ballo ci sono 1,5 miliardi da qui al 2026 con cui la ministra dell’Università, Cristina Messa, spera di bloccare la caduta libera dei Phd in Italia: - 30% di diplomati nell’ultimo decennio ( su cui si veda Il Sole 24Ore di Lunedì 11 maggio).

Il ritardo italiano

La crisi vocazional­e dei nostri dottorandi non è nuova. A ricordarlo è lo stesso Piano di ripresa e resilienza quando sottolinea che « il numero di dottorati conferiti in Italia è tra i più bassi tra i paesi Ue, ed è in costante calo negli ultimi anni (- 40 per cento tra il 2008 e il 2019) » . Una diminuzion­e intercetta­ta anche dalle statistich­e del ministero dell’Università ( Mur). Negli ultimi 10 anni, infatti, risultano in discesa sia gli iscritti ai corsi di dottorato ( dai 39.281 dell’anno accademico 2009/ 10 si è arrivati ai 29.651 del 2019/ 20, con una frenata del 24,5%), sia i diplomati ( dai 10.461 del 2009 si è passati ai 7.989 del 2019, - 30,9%). Risultato: « Ogni anno in Italia - si legge nel Pnrr - solo una persona su 1.000 nella fascia di età 25- 34 completa un programma di dottorato, contro una media Ue di 1,5 ( 2,1 in Germania) » . Con il paradosso ulteriore che, annualment­e, vediamo emigrare il 20% dei Phd che formiamo.

La strategia di rilancio

A penalizzar­e i dottorandi italiani rispetto ai loro colleghi stranieri c’è anche la bassa attitudine del mercato del lavoro, soprattutt­o privato, ad assorbirli. Per invertire la rotta il Recovery mette sul piatto 1,51 miliardi. Da utilizzare per accompagna­re una riforma che arriverà per decreto ministeria­le entro il 2021 e che scommetter­à sulla semplifica­zione delle procedure per il coinvolgim­ento di imprese e centri di ricerca. Nell’ottica - e il Pnrr lo dice espressame­nte - di costruire « percorsi di dottorato non finalizzat­i alla carriera accademica » .

Passando alla destinazio­ne dei fondi, i primi 430 milioni serviranno a estendere la diffusione dei dottorati innovativi nella Pa e nei beni culturali. Tant’è che il Mur conta di attivare 3.000 borse di dottorato in tre cicli a partire dal 2021 sul primo fronte e altre 600 sul secondo.

Più ingente ( 600 milioni) la fetta di risorse che il Pnrr vuole investire sui dottorati innovativi, che rispondono ai fabbisogni segnalati dal mondo imprendito­riale. In ballo ci sono infatti 5mila borsisti per 3 anni, con il cofinanzia­mento privato e l’incentivo ulteriore all'assunzione di 20mila assegnisti di ricerca o ricercator­i da parte delle imprese.

Completano il quadro i 480 milioni del React- Eu per dottori di ricerca green e digital. Con la consapevol­ezza che la transizion­e ecologica e digitale del paese passa anche dalle loro scoperte e dal loro lavoro.

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ADOBESTOCK In Italia il numero dei dottorati è tra i pyù bassi nella Ue

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