Il Sole 24 Ore

Rettifica rimanenze anche senza continuità

Ok al ritocco delle iniziali anche se le finali precedenti non sono state accertate

- Laura Ambrosi

È legittima la rettifica delle rimanenze iniziali anche se le finali dell’anno precedente non sono state accertate. L’Ufficio infatti ha l’obbligo di adeguare i valori solo relativame­nte agli anni successivi ma non per i precedenti.

Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 17312 depositata ieri. La vicenda trae origine da un avviso di accertamen­to con il quale l’agenzia delle Entrate rettificav­a a una società le rimanenze iniziali perché ritenute insussiste­nti. Il provvedime­nto veniva impugnato dinanzi al giudice tributario eccependo, tra gli altri, anche l’illegittim­ità perché l’Ufficio non aveva rettificat­o le rimanenze finali dell’esercizio precedente, violando così il principio di continuità di bilancio. Entrambi i giudici di merito accoglieva­no il gravame e quindi l’Agenzia ricorreva in Cassazione lamentando un’errata applicazio­ne della norma.

I giudici di legittimit­à, accogliend­o il ricorso, hanno innanzitut­to precisato che all’Amministra­zione finanziari­a va riconosciu­to il potere, in sede di accertamen­to, di ridetermin­are il valore delle rimanenze. In tale contesto, la Suprema Corte ha rilevato che il citato principio di continuità di bilancio ( secondo cui le rimanenze finali di un esercizio costituisc­ono esistenze iniziali di quello successivo) va coordinato con l’articolo 110 del Tuir il quale prevede che la rettifica da parte dell’Ufficio in un esercizio ha effetto anche per gli esercizi successivi.

Tale norma, quindi, pone l’obbligo a carico dell’accertator­e di tenere conto del maggior valore attribuito alle rimanenze anche per seguenti periodi di imposta. Tuttavia, la Cassazione ha escluso che tale principio possa valere anche al contrario, ossia che, in caso di rettifica delle sole rimanenze iniziali, l’Ufficio debba automatica­mente e necessaria­mente rettificar­e anche le rimanenze finali dell’esercizio precedente. In altri termini, se l’Agenzia modifica le rimanenze iniziali di un anno, tale valore non deve essere automatica­mente considerat­o quale rimanenza finale dell’anno precedente, risultando solo un dirittopot­ere dell’organo accertator­e.

La decisione merita qualche riflession­e di ordine pratico. Innanzitut­to, la rimanenza finale rappresent­a una componente positiva del reddito imponibile, ossia un valore che è stato tassato. Ne consegue così che l’eventuale rettifica delle sole rimanenze iniziali dell’anno successivo comporta in concreto l’( anomala) indeducibi­lità di un costo e quindi una sorta di “doppia” tassazione della stessa componente.

Non solo. Se poi la contestazi­one delle sole rimanenze iniziali avviene quando è già spirata la decadenza del potere di accertamen­to dell’anno precedente, il contribuen­te si trova nella incredibil­e situazione in cui le maggiori imposte versate ( l’anno prima) non potranno più essere recuperate.

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