Penalizzato oggi chi ha ottenuto l’articolo 18 e non le tutele crescenti
Leggi e giurisprudenza hanno reso più convenienti le tutele del Jobs act Accordi del recente passato tra aziende e lavoratori a rischio di invalidità
All’indomani dell’approvazione del decreto legislativo sulle “tutele crescenti” ( Dlgs 23/ 2015), una delle riforme di punta del Jobs act, nel mercato del lavoro e sui tavoli delle relazioni industriali fece la sua comparsa una prassi davvero singolare: la richiesta di mantenere, in capo alle persone che cambiavano datore di lavoro, il regime di tutela contro i licenziamenti contenuto nello Statuto dei lavoratori.
La trattativa per il mantenimento, su base contrattuale, dell’articolo 18 ha avuto esiti diversi: molte aziende si sono rifiutate di firmare queste intese, altre hanno ceduto. Tutti questi accordi partivano da un presupposto che all’epoca sembrava alla maggioranza dei commentatori scontato: l’applicazione dell'articolo 18 garantiva un trattamento di miglior favore.
A distanza di pochi anni, questo presupposto è venuto meno: il legislatore ha innalzato da 24 a 36 le mensilità spettanti per le persone verso cui si applicano le tutele crescenti; tale innovazione è diventata particolarmente conveniente quando la Consulta ha cancellato la regola che imponeva di applicare un criterio predefinito ( 2 mensilità per ogni anno di anzianità lavorativa) per calcolare i risarcimenti.
Con queste due innovazioni, il regime di tutela economica garantito dal Dlgs 23/ 2015 è diventato molto più conveniente di quello previsto dallo Statuto dei lavoratori. Sulla carta è rimasta qualche piccola differenza applicativa: in teoria, le norme del Dlgs 23 avrebbero dovuto restringere il campo di applicazione della tutela reale, sia nel caso dei licenziamenti disciplinari sia in quello dei licenziamenti economici. Ma anche questa differenza è ormai venuta meno perché la giurisprudenza ordinaria ha sostanzialmente azzerato le distinzioni tra i due sistemi, che oggi garantiscono, salvo poche sfumature, lo stesso livello di tutela giuridica.
Questi cambiamenti possono avere un importante riflesso sulle clausole individuali e collettive che hanno riconosciuto l’articolo 18 come se fosse un “benefit” da riconoscere ai lavoratori: se si potevano giustificare, in qualche modo, dei trattamenti di miglior favore, oggi quegli impegni rischiano di essere invalidi, nella misura in cui comportano l’applicazione di una tutela che va sotto gli standard minimi legali. Finora non si segnalano rilevanti contenziosi sul tema, ma ove la questione si ponesse di fronte a un Tribunale, il giudice del lavoro sarebbe chiamato a un accertamento molto complesso circa il regime di tutela applicabile.