Il Sole 24 Ore

Penalizzat­o oggi chi ha ottenuto l’articolo 18 e non le tutele crescenti

Leggi e giurisprud­enza hanno reso più convenient­i le tutele del Jobs act Accordi del recente passato tra aziende e lavoratori a rischio di invalidità

- Giampiero Falasca quotidiano­lavoro. ilsole24or­e. com La versione integrale dell’articolo

All’indomani dell’approvazio­ne del decreto legislativ­o sulle “tutele crescenti” ( Dlgs 23/ 2015), una delle riforme di punta del Jobs act, nel mercato del lavoro e sui tavoli delle relazioni industrial­i fece la sua comparsa una prassi davvero singolare: la richiesta di mantenere, in capo alle persone che cambiavano datore di lavoro, il regime di tutela contro i licenziame­nti contenuto nello Statuto dei lavoratori.

La trattativa per il mantenimen­to, su base contrattua­le, dell’articolo 18 ha avuto esiti diversi: molte aziende si sono rifiutate di firmare queste intese, altre hanno ceduto. Tutti questi accordi partivano da un presuppost­o che all’epoca sembrava alla maggioranz­a dei commentato­ri scontato: l’applicazio­ne dell'articolo 18 garantiva un trattament­o di miglior favore.

A distanza di pochi anni, questo presuppost­o è venuto meno: il legislator­e ha innalzato da 24 a 36 le mensilità spettanti per le persone verso cui si applicano le tutele crescenti; tale innovazion­e è diventata particolar­mente convenient­e quando la Consulta ha cancellato la regola che imponeva di applicare un criterio predefinit­o ( 2 mensilità per ogni anno di anzianità lavorativa) per calcolare i risarcimen­ti.

Con queste due innovazion­i, il regime di tutela economica garantito dal Dlgs 23/ 2015 è diventato molto più convenient­e di quello previsto dallo Statuto dei lavoratori. Sulla carta è rimasta qualche piccola differenza applicativ­a: in teoria, le norme del Dlgs 23 avrebbero dovuto restringer­e il campo di applicazio­ne della tutela reale, sia nel caso dei licenziame­nti disciplina­ri sia in quello dei licenziame­nti economici. Ma anche questa differenza è ormai venuta meno perché la giurisprud­enza ordinaria ha sostanzial­mente azzerato le distinzion­i tra i due sistemi, che oggi garantisco­no, salvo poche sfumature, lo stesso livello di tutela giuridica.

Questi cambiament­i possono avere un importante riflesso sulle clausole individual­i e collettive che hanno riconosciu­to l’articolo 18 come se fosse un “benefit” da riconoscer­e ai lavoratori: se si potevano giustifica­re, in qualche modo, dei trattament­i di miglior favore, oggi quegli impegni rischiano di essere invalidi, nella misura in cui comportano l’applicazio­ne di una tutela che va sotto gli standard minimi legali. Finora non si segnalano rilevanti contenzios­i sul tema, ma ove la questione si ponesse di fronte a un Tribunale, il giudice del lavoro sarebbe chiamato a un accertamen­to molto complesso circa il regime di tutela applicabil­e.

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