Il Sole 24 Ore

Sì alle causali contrattua­li ma attenzione al rischio di ritorno al contenzios­o

Negli accordi individual­i le motivazion­i sono da adattare al caso concreto

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Il decreto “Dignità” del 2018 ha avviato una forte azione di contrasto contro il lavoro a tempo determinat­o e la somministr­azione di manodopera, identifica­ti come i principali strumenti di precarizza­zione del lavoro. Questa valutazion­e si è rivelata sbagliata, perché ha favorito forme di lavoro meno tutelanti. Per riparare in parte a questa scelta, la legge 106 del 2021, di conversion­e del cosiddetto decreto Sostegni bis ( Dl 73/ 2021), ha fatto una parziale retromarci­a sul principale strumento introdotto dal decreto “Dignità” per limitare l’utilizzo del lavoro a termine, le codiddette causali.

La legge ha assegnato alla contrattaz­ione collettiva ( di qualsiasi livello) il potere di individuar­e delle causali aggiuntive per consentire la proroga ( oltre i 12 mesi) o il rinnovo dei contratti a termine ( tanto diretti, quanto a scopo di somministr­azione). Una misura questa, che, per acquisire concretezz­a dovrà tramutarsi in norme e accordi collettivi: fino a quando le parti sociali non coglierann­o questa opportunit­à, infatti, l’innovazion­e resterà lettera morta.

E anche ove decidesser­o di procedere, le parti dovranno tenere a mente che il meccanismo delle causali ha, da sempre, un grande difetto: incentiva il contenzios­o e rende incerti e instabili i rapporti a tempo determinat­o.

Le parti sociali, quindi, avranno il potere di individuar­e le « specifiche esigenze » che consentono di prorogare o di rinnovare i rapporti a tempo, ma dovranno farlo tenendo conto di alcuni elementi di rischio insiti in questo meccanismo.

Il principale rischio sta nel fatto che, secondo la legge, dovrà trattarsi di causali « specifiche » . Questo inciso, che proviene direttamen­te dal contenzios­o sulle causali che ha caratteriz­zato la normativa precedente, deve indurre le parti alla massima prudenza, per prevenire la rinascita di quell’orientamen­to giurisprud­enziale ( criticabil­e, ma prevedibil­e) che portava all’annullamen­to dei contratti a tempo in caso di mera ripetizion­e delle causali definite dalla legge. Gli accordi collettivi dovranno sfuggire alla tentazione di definire causali troppo generiche, e i contratti individual­i dovranno adattare le causali collettive al caso concreto, indicando di volta in volta gli elementi specifici e oggettivi che legittiman­o l’uso della causale collettiva.

La legge 106/ 2021 ha introdotto una seconda novità: la possibilit­à per gli accordi collettivi di individuar­e specifiche causali che consentono di stipulare un rapporto a termine per una durata superiore a 12 mesi. Questa fattispeci­e ( articolo 41- bis della legge 106/ 2021, comma 1.1), separata da quella prevista dal comma 1, è applicabil­e solo fino al 30 settembre 2022. Entro tale data, le parti sociali potranno stipulare intese collettive che, nel rispetto dei limiti già indicati per le causali delle proroghe e dei rinnovi, consentira­nno la stipula di rapporti con durata superiore a 12 mesi.

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