Il riparto al professionista che ha chiuso la partita Iva
Un professionista, ammesso come creditore privilegiato al passivo nell’ambito di una procedura fallimentare, ha chiuso la partiva Iva e ha conferito il proprio studio in un’altra società, senza dare alcuna comunicazione al curatore.
In sede di riparto finale, divenuto esecutivo, come è possibile bonificare l’importo assegnato al professionista creditore che, avendo chiuso la partita Iva, non può emettere la relativa fattura?
M. R. - FIRENZE
Il comportamento del professionista destinatario del riparto non appare corretto, posto che, per esempio, con la risoluzione 232/ E/ 2009 l’agenzia delle Entrate – pur se limitatamente alle fatture a esigibilità differita – ha precisato che, qualora il professionista intenda chiudere la propria partita Iva senza attendere l’esito del procedimento pendente, egli dovrà “preventivamente” versare l’imposta indicata in fattura, anche se non riscossa.
Nello stesso senso, la risoluzione 34/ E/ 2019 – pur riferendosi agli eredi del professionista – specifica che, « in presenza di fatture da incassare o prestazioni da fatturare, gli eredi non possono chiudere la partita Iva del professionista defunto sino a quando non viene incassata l’ultima parcella » . In particolare, viene precisato che, nel caso di fatture a esigibilità differita da incassare, oppure di fatture da emettere, è ammessa la possibilità per gli eredi ( in deroga all’articolo 35 del Dpr 633/ 1972) di procedere alla chiusura della partita Iva del professionista deceduto, anche oltre sei mesi dalla data della sua morte.
Il curatore, nel caso prospettato dal quesito, non può fare altro che effettuare il bonifico dell’importo al netto dell’Iva, non essendo questa nel caso di specie applicabile, salvo che nell’ambito dello stato passivo sia stata ammessa una somma globale indistinta comprensiva di Iva.