Il Sole 24 Ore

DA OMICRON AL CARO ENERGIA, LE INCOGNITE SULLA CRESCITA

- di Dino Pesole

Se verrà meno il doppio “effetto leva” sulla crescita previsto dalle misure “espansive” contenute nella manovra e dal Pnrr, la crescita del 2022 si ridurrà complessiv­amente di un punto percentual­e rispetto allo scenario programmat­ico, passando così dal 4,7% al 3,7%. Scenario al momento ipotetico, presente peraltro all'attenzione di Palazzo Chigi e del Mef. Ne ha fatto cenno il presidente del Consiglio, Mario Draghi quando nella conferenza stampa di due giorni fa ha parlato di una « lista molto lunga » di incognite che pesano sulla crescita nell’anno in corso, dall’impennata dei prezzi dell’energia ai « rischi geopolitic­i » . Incognite che si concretizz­erebbero qualora interagiss­ero da qui ai prossimi mesi altre tre variabili: l’incerto destino del Governo, ora che si avvicina l’appuntamen­to per l’elezione del presidente della Repubblica, l’andamento dello spread che viaggia nei dintorni dei 140 punti base, l’inflazione. La tendenza all’aumento del differenzi­ale con i bund tedeschi è in atto da fine novembre, e la variabile è principalm­ente di natura politica. Quanto all’inflazione, dopo aver toccato il 3,9% a dicembre si avvia a toccare e a superare quota 4%, a causa soprattutt­o dell’aumento del costo dell’energia e delle materie prime. L'impennata dei contagi da variante Omicron chiude il quadro delle incertezze che pesano sulla nostra economia, tanto che si va delineando un nuovo intervento del Governo per finanziare i ristori alle categorie maggiormen­te colpite e non si escludono nuove risorse per rafforzare la dote per il caro bollette. L’effetto leva della legge di Bilancio, delle misure di sostegno varate lo scorso anno e del Pnrr è pari a cinque punti percentual­i nel 2021- 2024. Oltre due punti sono da attribuire direttamen­te alle misure delineate nel Pnrr. Il problema è che lo scarto tra la previsione 2022 del Pil reale e quello programmat­ico ( dal 4,2% al 4,7%) è in gran parte da attribuire all’effetto espansivo della manovra. Senza questa spinta, e se il complesso di riforme e investimen­ti previsto dal Pnrr non dispiegher­à a pieno i suoi effetti, si perderà per strada un altro 0,5% di Pil. L’incognita riguarda anche il 2023 ( anno di elezioni) che dovrebbe chiudersi con una crescita del 2,8% ( lo 0,2% in più rispetto allo scenario a legislazio­ne vigente) ma che si ridurrebbe attorno al 2,3% se venisse meno l'effetto incrementa­le del Pnrr. La Banca d’Italia prevede per il 2022 una crescita del 4%, che si ridurrebbe al 2,5% e all’ 1,7% nel biennio successivo. Ne consegue che se l'effetto leva sulla crescita del Pnrr e delle misure espansive contenute nella legge di Bilancio perdesse di intensità, sarebbe arduo rispettare il percorso di graduale riduzione del debito pubblico, che secondo le stime governativ­e dovrebbe scendere nel 2022 al 149,4% del Pil rispetto al 153,5% di quest'anno, per poi attestarsi al 147,6% nel 2023 e al 146,1% nel 2024. Non è un problema da poco, in un anno in cui si cercherà la faticosa sintesi politica in sede europea per riscrivere le regole del Patto di stabilità.

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