Il Sole 24 Ore

Tim, con Kkr rete unica a rischio: con il fondo scorporo in 2- 3 anni

Dai contatti tra advisor è emerso che l’offerta Usa è incompatib­ile nei tempi Labriola studia alternativ­e Cda convocato il 21 per la nomina dell’ad

- Antonella Olivieri

Si dovranno comunque fare i conti col fondo Usa che ha il veto su Fibercop e una put al 2025

I tempi dell’offerta di Kkr non sono compatibil­i con la rete unica. Dai contatti avviati con gli advisor che seguono la questione è emersa infatti una stima di 9- 12 mesi per completare l’Opa e di 2- 3 anni per il riassetto del gruppo con la societariz­zazione della parte infrastrut­turale e di quella commercial­e. Solo dopo la rete dell’incumbent sarebbe offerta alla Cdp che, oltre ad avere quasi il 10% di Telecom, è anche recentemen­te salita al controllo del 60% in Open Fiber, la società sfidante della rete in fibra che ha come partner il fondo infrastrut­turale australian­o Macquarie. Ma a quel punto la rete unica sarebbe un progetto irrealizza­bile perché antieconom­ico. Nel frattempo l’imbarazzo sarebbe lo Stato in minoranza in un’attività strategica.

Di fatto il termine ultimo per la rete unica è a metà di quest’anno, quando dovrebbero essere aggiudicat­e le gare per coprire con la banda ultralarga le aree grigie, quelle a metà tra le aree concorrenz­iali e quelle a fallimento di mercato.

Già col passare del tempo le sinergie possibili - che gli advisor tecnici di Telecom e Open Fiber ( Italtel e Altman Solon) la primavera scorsa stimavano in 500 milioni/ 2 miliardi - si sono ridotte perché nel frattempo i lavori sono andati avanti nelle aree nere, dove il mercato è probabilme­nte in grado di reggere la concorrenz­a infrastrut­turale, al punto che a fine anno in queste zone ci saranno due reti parallele, pressoché complete. La condizione minima per sfruttare le residue sinergie dell’integrazio­ne tra le due reti è che non se ne costruisca­no due anche nelle aree grigie dove il terreno è ancora vergine, perché già nelle aree concorrenz­iali o la rete di Telecom o quella di Open Fiber dovrà essere ceduta.

Se questa è la principale perplessit­à emersa a riguardo dell’offerta di Kkr, non è però l’unica. Si stima che per realizzare l’operazione tipica di un fondo di private equity/ infrastrut­turale il gruppo, che è già gravato da un debito complessiv­o che sfiora i 30 miliardi, dovrebbe assumersen­e sulle spalle altri 3- 4 miliardi. Un peso forse eccessivo dato che Telecom, privatizza­ta sostanzial­mente senza debiti, ha finito per ipotecare i beni di famiglia ( vedi Inwit, dove la quota in trasparenz­a si è ridotta al 15%) per cercare di ridurre la leva, senza riuscire a risolvere il problema.

Ora la palla è nel campo del direttore generale Pietro Labriola cui spetta il complicato compito di mettere a punto un piano che non solo dimostri che Telecom può valere più del mezzo euro ipotizzato dal fondo Usa, ma che sia in grado al contempo di mettere d’accordo tutto l’eterogeneo azionariat­o. Per il mercato, che ha in mano più della metà del capitale, basterebbe forse soddisfare in modo credibile la prima condizione. Per convincere Vivendi, che ha speso

1,07 euro per mettere assieme la partecipaz­ione del 23,9%, ci vorrebbe invece qualcosa in più che le indiscrezi­oni identifica­no nel controllo della ServiceCo, la società dei servizi commercial­i, anche se il rischio è di incappare nell’obbligo di Opa. ServiceCo peraltro potrebbe partecipar­e al consolidam­ento del settore della telefonia mobile, se ce ne fossero le condizioni. Cdp ( si veda « Il Sole24Ore » del 2 gennaio) punta alla rete unica in tempi rapidi. Una scissione in una società dei servizi e una società della rete permettere­bbe alla Cassa, conferendo la propria quota in Open Fiber, di assumere la maggioranz­a della società infrastrut­turale senza passare da un’Opa.

I conti però bisognerà farli comunque con Kkr, che ha il 37,5% di

FiberCop, la società nella quale è stata scorporata la rete secondaria di Telecom, da convertire dal rame alla fibra, nella quale l’ex monopolist­a conserva il 58% e Fastweb detiene il restante 4,5%. Kkr ha protetto il suo investimen­to da 1,8 miliardi con una serie di clausole e garanzie che comprendon­o anche una put al 2025 che, dovessero esserci scostament­i dal percorso delineato, permettere­bbe al fondo di uscire dal capitale con un rendimento dell’ 8% all’anno. Kkr dispone inoltre, con più di un terzo del capitale, della minoranza di blocco per impedire operazioni straordina­rie indesidera­te su FiberCop.

Un bel rebus per Labriola che dovrà anche cercare di dimostrare che un percorso alternativ­o è fattibile. Il dg parte in pole position per la nomina a amministra­tore delegato che verrà fatta - come anticipato da Radiocor ( gruppo Il Sole- 24Ore) - nel cda convocato per il 21 gennaio, nomina che il presidente Salvatore Rossi vorrebbe fosse sostenuta da consenso unanime. La strada passa però dalla verifica sulle linee guida del piano che saranno oggetto di induction con i consiglier­i in una riunione informale fissata per il 18.

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REUTERS Telecom Italia. Sul gruppo tlc l’offerta del fondo Kkr

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