La notorietà dell’ex marito non basta per mantenere l’uso del suo cognome
Solo un interesse degno di tutela dell’ex moglie o dei figli consente deroghe
La celebrità dell’ex marito non è una buona ragione per continuare ad usare il suo cognome dopo il divorzio.
La regola è, infatti, che con la fine del matrimonio viene meno la facoltà di utilizzare il cognome dello sposo. Il giudice può tuttavia fare un eccezione, nel caso ci sia un interesse meritevole di tutela dell’ex moglie o dei figli: ma tra gli interessi meritevoli di tutela non rientra la gloria riflessa. La Corte di cassazione ( ordinanza 654) ha così respinto il ricorso di una signora che, dopo il divorzio, chiedeva la possibilità di continuare ad usare il cognome con il quale si era presentata per oltre 25 anni, più di metà della sua vita e dunque ormai diventato parte integrante della sua identità personale. Il solo cognome con il quale era conosciuta in società e nelle relazioni che intratteneva nella città in cui viveva. Del resto, faceva notare la ricorrente, il mantenimento di un diritto acquisito al momento del sì, nulla toglieva all’ex marito visto che a “fregiarsi” del suo nome era una persona stimata e apprezzata in società.
Di parere diverso la Suprema corte. I giudici ricordano, infatti, che un possibile pregiudizio per l’ex marito potrebbe sorgere nel caso in cui intenda creare un nuovo nucleo familiare che sia riconoscibile, sia in società sia giuridicamente, come legame familiare attuale. Per gli ermellini nel caso esaminato non c’era un interesse tale da far scattare la tutela che consentirebbe l’uso del doppio cognome, « non potendo detto interesse identificarsi con quello derivante dalla notorietà dell’ex marito » . Né vi erano riscontri del fatto che il cognome dell’uomo « costituiva espressione dell’identità personale dell’ex moglie » . Ipotesi quest’ultima che consente di mantenere il nome usato dopo le nozze quando la persona è divenuta nota con quell’identità.
È il caso, ad esempio, dell’ex cancelliera tedesca Angela Mekel, che ha mantenuto il cognome del suo primo marito, dal quale ha divorziato nell’ 81, perché già nota con quello quando era capo della Cdu.
La Suprema corte ricorda che è discrezionale la deroga a quanto previsto dall’articolo 143 bis del Codice civile « l’aggiunta del cognome maritale è un effetto del matrimonio circoscritto temporalmente alla durata del coniugio » .
Un disciplina che è il risultato del principio al quale è ispirato l’ordinamento familiare che privilegia la coincidenza tra denominazione personale e status. Deve dunque considerarsi straordinaria, la possibilità - che comporta effetti giuridico formali - di consentire la conservazione del cognome del marito accanto al proprio.