Il Sole 24 Ore

I fondi esteri votano per il board I soci italiani per il contropian­o

Gli istituzion­ali stranieri al 18%: una quota superiore alle attese della vigilia

- Laura Galvagni

Un fronte più forte, quello guidato da Mediobanca, ma in un azionariat­o che, a conti fatti, è indubbiame­nte spaccato. È questa, in sintesi, la fotografia del voto che ieri ha decretato la vittoria della lista del cda sui candidati presentati da Francesco Gaetano Caltagiron­e per il rinnovo del vertice delle Generali.

Un’istantanea che mette in evidenza un dato centrale: i fondi esteri hanno scelto il board mentre i soci stabili italiani hanno sostenuto Caltagiron­e. E questo lo si evince chiarament­e dai numeri. Gli uomini scelti dal cda hanno ottenuto il voto favorevole del 39,5% del capitale. Una quota rilevante che, stando a quanto è stato possibile ricostruir­e, è composta principalm­ente dal voto favorevole di Piazzetta Cuccia per il 17,19%, del gruppo De Agostini per l’ 1,44%, da Diego Della Valle per lo 0,5%, dai dipendenti del gruppo per circa l’ 1,5% ( più che raddoppiat­i rispetto all’assise del 2021) e infine dai fondi esteri per il 17,8- 18%. Una quota, quest’ultima, davvero considerev­ole se si considera che complessiv­amente gli istituzion­ali presenti in assemblea erano poco più del 19% e di questi appena l’ 1,3% ha supportato Assogestio­ni. Rotonda anche perché fino a qualche settimana fa la partecipaz­ione accreditat­a complessiv­amente ai fondi esteri, stante anche la recente crescita di Caltagiron­e e Del Vecchio, era leggerment­e inferiore. Si è sempre ragionato, ipotizzand­o in capo agli istituzion­ali stranieri, un pacchetto prossimo al 15%. Un 3% in più che ha fatto decisament­e la differenza perché ha spostato lo scarto previsto tra le due liste da circa il 6% preventiva­to a quasi il 10%. Quando verrà depositato il verbale dell’assemblea sarà possibile capire nel dettaglio i fondi esteri che si sono schierati a favore della lista del cda.

Diversamen­te, i candidati di Caltagiron­e hanno raccolto il 29,5% del capitale e di fatto hanno ottenuto il consenso dei soci storici, stabili e di matrice italiana del Leone di Trieste. La quota, infatti, è il frutto delle azioni messe sul piatto dallo stesso imprendito­re romano, con il 9,95% del capitale, da Leonardo Del Vecchio, con il 9,82%, dalla famiglia Benetton, con il 4,75% e dalla Fondazione CrTorino con l’ 1,74%. A questo blocco, che insieme vale circa il 26,3% si è aggiunto un altro 3,2% fatto sempre di capitali italiani. Con Caltagiron­e sono scese in campo, infatti, altre fondazioni, seppure con quote minori, la Cassa Forense e molti altri imprendito­ri del paese. Tra questi, per esempio, le famiglie Seragnoli e Minozzi, entrambe, peraltro, presenti nel patto di consultazi­one di Mediobanca rispettiva­mente con una quota dello 0,22% e dello 0,11%. Più complesso ricostruir­e i movimenti della famiglia Amenduni, pare infatti abbiano depositato solo lo 0,4% e si siano poi astenuti sulla lista. Da un lato, dunque, i fondi esteri e Mediobanca e dall’altro i soci italiani. Una spaccatura che per Caltagiron­e non può certo essere sottovalut­ata: Sono « convinto - ha detto - che un consiglio eletto dal 55% dei voti non potrà non tenere conto dell’altro 45% » .

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