LO STOP IMPROVVISO DEI GREEN BOND
Venti di guerra in Ucraina, l’elevata inflazione di energia e materie prime ed aspettative di forte crescita dei tassi di interesse a livello globale stanno cominciando ad avere effetti negativi anche sugli investimenti verdi.
Si tratta di un mix di fattori tossici che ha avuto un impatto sull’emissione di debito sostenibile: - 35% rispetto al quarto trimestre 2021 e - 10% rispetto ad un anno prima, un calo mai registrato in precedenza. Dopo dieci anni di crescita ininterrotta, infatti, negli ultimi trimestri il rialzo parabolico delle emissioni suggeriva l’avvio di una bolla speculativa.
Asubire maggiormente lo stop improvviso (- 60% nell’ultimo trimestre) sono stati i prodotti dall’ingegneria finanziaria più sofisticata, i prestiti e le emissioni obbligazionariesustainability obbligazionarie sustainability linked, che avevano conosciuto un boom incredibile durante la crescita febbrile del mercato. Il calo è però evidente anche sui prodotti plain vanilla, come i green bonds/ loans classici strutturati intorno ad uno standard globale di certificazione (- 40%).
Tiene invece il mercato dei social bonds, obbligazioni destinate a finanziare le Casse Integrazioni Guadagni e schemi di protezione dell’occupazione: nel 2020 l’Unione Europea ( UE) era stata l’apripista nell’emissione e management di 100 miliardi di € di social bonds a rischi condivisi grazie al progetto SURE ( temporary Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency).
I segnali d’allarme comunque c’erano: i principali indici azionari/ obbligazionari del settore avevano virato al ribasso già da aprile 2021, quando la forza della ripresa economica globale aveva delineato il progressivo arresto del ciclo di espansione monetaria delle banche centrali.
Anche per le obbligazioni sostenibili vale la “legge di gravità” dei tassi di interesse: se i rendimenti delle future emissioni saranno più alti, allora i prezzi degli strumenti finanziari quotati accuseranno il colpo. Il debito verde è più esposto rispetto ai bonds convenzionali, a causa dei bassissimi rendimenti ( 5- 10 punti base in media meno delle obbligazioni standard) e delle scadenze lunghe a cui è stato collocato nell’ultimo anno di grande euforia.
Nell’ultimo trimestre dunque gli emittenti sono stati costretti a strutturare la propria strategia di fundingprevedendo funding prevedendo rendimenti ben più alti e questo ha contribuito a ridurre l’offerta complessiva di debito sostenibile.
Inoltre, nei prodotti più strutturati complessità, opacità ed indeterminatezza nella struttura finanziaria del prodotto non consentono una chiara valutazione dei rischi, che potrebbero risultare amplificati in situazioni di stress finanziario come in questo periodo. Il deflusso di capitali è evidente anche nel settore azionario e dei fondi di investimento specializzati in ESG: con soli 75 miliardi di $ in ingresso, il primo trimestre 2022 registra il peggiore risultato dal 2018, in discesa del 55% dai massimi di inizio 2021. Il risultato deludente si spiega con la crescente esposizione dei fondi ESG sui titoli tecnologici, che hanno scontato un ribasso peggiore rispetto al resto del mercato negli ultimi mesi e con loshift lo shift della porzione di flussi finanziari più volatile verso i titoli energetici sostenuti dai prezzi record. Sono i prodromi dello scoppio della bolla sul debito sostenibile? Certo le prospettive, estremamente favorevoli fino a qualche mese fa, hanno subìto un inedito ridimensionamento.