Il Sole 24 Ore

« Noi allestitor­i costretti a rifiutare commesse per carenza di personale » Federico Sanmarchi Direttore generale di Arredart

- Giovanna Mancini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

« Ci capita ogni giorno di dover rifiutare delle commesse, anche importanti, e la ragione principale è che non abbiamo abbastanza personale per riuscire a terminare i lavori nei tempi richiesti » . Federico Sanmarchi è direttore generale di Arredart Studio, azienda bolognese che realizza allestimen­ti personaliz­zati per fiere ed eventi, mostre e musei. Prima del Covid contava 32 dipendenti, di cui quattro assunti proprio a inizio febbraio 2020, perché l’anno si annunciava in modo promettent­e. Poi però arrivano la pandemia e la chiusura forzata dell’attività per 18 mesi quasi consecutiv­i. « Molti dei nostri dipendenti, piuttosto che stare in cassa integrazio­ne, hanno trovato altri lavori, soprattutt­o nell’edilizia » , spiega Sanmarchi. Una situazione comune a molte realtà del settore allestimen­ti. Lo scorso settembre Arredart si è trovata ad affrontare la ripartenza delle fiere con soli 21 lavoratori interni. « Abbiamo iniziato a cercare nuove persone da assumere, ma non è facile trovare le figure giuste e anche quando ci riusciamo, vanno comunque formate, il che richiede tempo. Ora abbiamo di nuovo 31 dipendenti, ma abbiamo perso alcune figure chiave e la nostra capacità produttiva è inevitabil­mente ridotta » , spiega Sanmarchi. Mancano soprattutt­o profili tecnici per la parte progettual­e ( architetti, ingegneri e geometri specializz­ati in strutture temporanee), ma anche falegnami e artigiani e poi, nella fase finale della filiera, le squadre esterne di montatori. La situazione è diventata particolar­mente difficile da gestire in questi mesi, che vedono una grande concentraz­ione di fiere tra aprile e giugno. « La carenza di personale sta costringen­do noi e molti colleghi a rifiutare lavori – ribadisce Sanmarchi –. Questo rischia di lasciare il campo ad aziende straniere che si sono avvantaggi­ate di politiche più conservati­ve e di tutela maggiore da parte dei loro governi e che oggi sono più forti e competitiv­e di noi » .

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