La strada in salita per arrivare a incriminare i responsabili politici
Molto difficile l’arresto di un leader al potere come Putin o di alti ranghi militari
Il percorso è stato avviato ma gli ostacoli da superare non sono pochi. Organismi internazionali, autorità statali hanno iniziato a indagare sui crimini commessi in Ucraina, provocati dall’aggressione russa, per portare alla sbarra i responsabili delle atrocità, delle fosse comuni e delle devastazioni commesse. Da Mariupol a Bucha. Grazie alla Corte penale internazionale, agli Stati che hanno adottato nel proprio ordinamento regole sulla giurisdizione universale, il quadro è sì complesso ma con maggiori possibilità che si arrivi a punire non solo gli autori materiali dei crimini, tra i quali stupri, strage di civili, aver affamato la popolazione, usato armi con effetti indiscriminati, ma anche coloro che hanno dato gli ordini.
Dopo la Procura ucraina, è stato il Procuratore della Corte penale internazionale Karim
Khan ad avviare l’indagine, su richiesta di 41 Stati che hanno ratificato l’accordo istitutivo della Corte. Questo per superare gli ostacoli dovuti all’assenza tra gli Stati parti proprio di Ucraina e Russia: malgrado questo, la competenza ad esercitare la giurisdizione potrebbe basarsi su due dichiarazioni ad hoc depositate in passato da Kiev per i crimini in Crimea.
La prima fase, la più delicata anche per accertare la catena di comando e individuare prove della responsabilità di Vladimir Putin e delle alte sfere politiche e militari, è già partita, con la raccolta delle prove. Che vuol dire investigatori sul campo, raccolta di testimonianze anche nei Paesi in cui sono arrivati i profughi, intercettazioni, immagini satellitari, esame sui corpi, cause della morte, torture, stupri. Perché come in ogni processo è necessario fondare l’accusa dei crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio sulle prove, dimostrando, per alcuni crimini, anche il dolo specifico.
La strada, almeno per i processi ai leader politici, è però in salita. Difficile che un mandato di arresto nei confronti di Putin o di alti ranghi militari e politici venga eseguito. Unica possibilità, un cambio di regime o l’uscita dal Paese di coloro che hanno dato gli ordini sulla commissione dei crimini: in questo caso, gli Stati parti all’accordo di Roma sarebbero obbligati a eseguire i mandati di arresto.
Le regole della Corte penale internazionale, infatti, prevedono che il processo si svolga in presenza dell’imputato ( e non in contumacia) senza che, però, possa essere opposta l’immunità dei capi di Stato che invece bloccherebbe i tribunali statali e senza che i crimini cadano in prescrizione. Tra i dati negativi, l’impossibilità di procedere per il crimine di aggressione proprio a causa della mancata ratifica dell’Ucraina e della Russia.
L’avvio delle indagini ha dato la spinta anche ad alcuni Paesi che hanno leggi interne fondate sul principio della giurisdizione universale che permette agli Stati di esercitare la giurisdizione nel caso di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e gravi infrazioni delle Convenzioni di Ginevra ( in alcuni casi anche aggressione) ovunque siano commessi, senza che esista un legame dato dalla nazionalità dell’autore o della vittima o dalla territorialità. Tra gli Stati che hanno affermato questo principio ci sono Germania, Regno Unito, Svizzera, Spagna, Svezia, Lituania, Francia, Australia e Polonia che ha già dato il via alle indagini anche per l’aggressione. L’Italia non c’è perché non ha norme sulla giurisdizione universale, anche se è stata nominata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia una commissione per inserire nel nostro ordinamento le fattispecie dei crimini.