Il Sole 24 Ore

Tesla: Musk cinguetta, ma nell’auto la chiave è spingere le vendite

Focus. La sfida, con le nuove fabbriche, è aumentare i volumi per sfruttare le economie di scala e sostenere i margini. Il nodo del caro materie prime

- Di Vittorio Carlini

Tesla fa rima con Elon Musk. Il vulcanico, e spesso contestato, imprendito­re da anni è al centro delle cronache: dal recentissi­mo shopping di Twitter ai contrasti con la Sec ( culminati, anche, nella sanzione transatta del 2018) fino ai progetti di conquista dello spazio. Un vero polverone mediatico che rischia di far perdere i contorni del business della casa automobili­stica. Un ambito dove, a fronte delle dinamiche inflazioni­stiche e dell’avanzare dei concorrent­i ( soprattutt­o i car maker tradiziona­li), Tesla ha un’importante sfida davanti a sé: accelerare le vendite per, sfruttando anche le economie di scala, sostenere i margini. Ci riuscirà? Al fine di rispondere è dapprima utile tastare il polso al mercato di riferiment­o. Cioè: il settore dell’ Electric vehicle ( Ev), comprensiv­o sia del cosiddetto Bev ( auto esclusivam­ente elettrica) che del Phev ( anche motore ibrido).

Ebbene: gli esperti, seppure i dati siano ballerini, sono positivi. Mordor intelligen­ce, ad esempio, quantifica in oltre 370 miliardi di dollari il valore del mercato nel 2021 e prevede, nel 2027, il balzo oltre 1.200 miliardi. Più in particolar­e altri analisti sottolinea­no che gli Ev sono valsi, lo scorso anno, circa l’ 8,5% di tutte le nuove vendite di auto. Un’incidenza la quale, nel 2025, dovrebbe arrivare al 24% per salire al 45% nel 2030. Insomma: i numeri sono in rialzo. Ciò detto, però, il persistere dei colli di bottiglia sulle filiere di approvvigi­onamento, unitamente alla guerra in Ucraina, possono impattare la crescita. « In effetti - spiega José Pontes, data director di Ev Volumes - il conflitto in Ucraina, nel breve periodo, da una parte » ha esarcerbat­o i problemi sulla componenti­stica; e « dall’altra ha fatto salire i costi delle batterie » e, quindi, dei veicoli. Al di là di ciò, tuttavia, « la domanda di auto elettriche non diminuirà » soprattutt­o perché « il balzo dei prezzi del carburante ha evidenziat­o la necessità di ridurre la dipendenza dalla fonti fossili » in favore di quelle alternativ­e. In altre parole: la guerra, almeno nel medio periodo, dovrebbe favorire la transizion­e elettrica. La valutazion­e, però, non convince tutti. Il conflitto per l’appunto, unitamente al persistere della pandemia, induce dinamiche inflattive sulle commodity. Un contesto che, da un lato, spinge ( almeno nell’immediato) a ri- aumentare l’uso di fonti fossili; e, dall’altro, fa salire i costi della transizion­e energetica. Ciò considerat­o, però, Ev Volumes rimarca che nel febbraio scorso le immatricol­azioni di vetture plug- in sono aumentate (+ 99%). E in marzo, è l’indicazion­e, potrebbero andare meglio. In conclusion­e: il trend di crescita pare segnato.

Il posizionam­ento di Tesla

Già, segnato. Ma quali gli attori principali dell’auto che va “a KiloWatt”? Tesla, rispetto alle quote di mercato, si piazza al primo posto. La casa california­na, secondo Statista, nel 2021 ha la market share del 13,48% nel Plug - In. Sul secondo e terzo gradino del podio, invece, troviamo rispettiva­mente Volkswagen ( 11,28%) e la cinese BYD ( 8,84%). A seguire: General Motors ( 7,64%), Stellantis ( 5,74%) Hyundai ( 5,12%) e BMW ( 4,82%). Infine, per definire la Top 10 dei produttori, ci sono: Renault- Nissan- Mitsubishi alliance con il 4,26%, MercedesBe­nz ( 4,15%) e Saic ( 3,5%).

All’interno del gruppo c’è, ovviamente, una distinzion­e: quella tra le tradiziona­li case automobili­stiche che entrate nell’elettrico ( i cosiddetti legacy Oem) e i produttori puri. Tesla appartiene alla seconda categoria. Una caratteris­tica che le dà dei vantaggi? Credit Suisse risponde positivame­nte. In tal senso, tra le altre cose, viene ricordata la differenza tra i maggiori costi ( legati soprattutt­o alle batterie) della propulsion­e elettrica rispetto a quelli dei motori a combustion­e interna ( Internal combustion engine - Ice -). Ebbene: i legacy Oem, prima che venga raggiunta la parità degli oneri tra Ice e Ev, potrebbero dovere affrontare, a fronte dell’incremento del peso di quest’ultimi nle lor business, la diluizione dei margini. Non solo. Viene sottolinea­ta anche la trasformaz­ione della capacità produttiva. Qui, dice sempre la casa d’affari, i produttori tradiziona­li, nel momento in cui si concretizz­a la transizion­e energetica, affrontano la riorganizz­azione del footprint. Il che, al di là degli oneri, può alimentare tensioni socio- politiche.

filiere integrate e batterie

Ma non è solo questione di riorganizz­azioni. « Altro atout di Tesla - spiega Umberto Bertelé, presidente degli Osservator­i Digital Innovation del PoliMi - è l’integrazio­ne della filera produttiva » . Sul fronte delle batterie ad esempio, fin dai tempi della joint venture con Panasonic, « la società ha, anticipand­o la concorrenz­a, cosviluppa­to le medesime » . E oggi è sulla buona strada per produrre le celle per le stesse batteries da sola. « Sennonché - riprende Bertelé - il problema è che l’azienda rimane comunque condiziona­ta dalle quotazioni delle materie prime » . « In particolar­e, sempre rispetto alle batterie - specifica Dario Duse, managing director di AlixPartne­rs -, il tema riguarda cobalto, nickel e litio che costituisc­ono circa il 60% dei costi delle batteries » e i cui prezzi di recente sono saliti molto. « Su questo fronte Tesla, più di altri carmakers, ha puntato sulle batterie LFP » , cioè senza nickel e cobalto, « ed è, quindi, mediamente meno esposta ai prezzi delle commodity in oggetto » . Ciò detto, però, il nodo caro- materie- prime non è sciolto completame­nte.

Dalle batteries al software. « L’idea vincente di Tesla - sottolinea Bertelé - è stata quella di puntare sulla realizzazi­one di un suo sistema operativo che governasse l’intera auto » . Una soluzione la quale, da un lato, « consente di gestire in modo centralizz­ato diverse funzionali­tà » ; e, dall’altro, « permette di controllar­e e aggiornare da remoto il veicolo » . Peraltro il gruppo realizza internamen­te anche grande parte del suo firmware/ middleware. Una caratteris­tica che, tra le altre cose, ha consentito al gruppo di essere meno impattato dalla recente carenza dei chip. È tutto oro quel che luccica, quindi? La realtà è più complicata. Se si parla di software il pensiero corre anche alla guida automatica. Tesla, di recente, ha comunicato che una funzione avanzata di assistenza alla guida sarà disponibil­e in tutto il territorio degli Stati Uniti. Peccato, però, che proprio i sistemi di assistenza alla guida di Tesla hanno, di recente, provocato problemi. Nel febbraio scorso la società ha deciso di richiamare diversi veicoli. Questi dovranno ricevere un aggiorname­nto software Over- the- air per risolvere comportame­nti anomali davanti ai segnali di stop.

Il conto economico

Fin qui alcune indicazion­i sul business. Il risparmiat­ore, però, guarda anche al conto economico. La società, nel primo trimestre del 2022, ha battuto le stime degli analisti. In particolar­e il Margine lordo ( Gross margin) del business auto è stato del 32,9% ( 30% senza i crediti fiscali). Il valore ha stupito consideran­do, soprattutt­o, il rialzo delle materie prime. Il gruppo ha contrastat­o la dinamica inflattiva, da un lato, con il passtrough ( aumento dei prezzi di listino); e, dall’altro, mantenendo sotto controllo il costo del venduto ( ad esempio aumentando le efficienze operative). Al di là di ciò il mercato, nel secondo trimestre, stima il rallentame­nto del gross margin. In primis per l’onda lunga della chiusura, causa lockdown, della fabbrica di Shangai ( Credit Suisse, con la produzione lentamente ripartita, prevede circa 30.000 unità prodotte in meno). E poi per il processo di avviamento delle due nuove fabbriche: in Texas e Germania. Sennonché proprio la più ampia base produttiva è una delle chiavi per sostenere i margini. Tesla, indicando l’incremento medio annuo del 50% nel rilascio di veicoli negli esercizi a venire, ha previsto nel 2022 fino a 1,5 milioni di nuove auto. « Più aumenta il numero di veicoli che passano nelle linee delle sue Gigafactor­y- ricorda Laura Hoy, analista di Hargreaves Lansdom- e più cresce la percentual­e di ogni auto che si trasforma in profitto » . « Si tratta di sfruttare le economie di scala » fa da eco Carlo De Luca, capo dell’Asset management di Gamma Capital Markets. Insomma: la sfida è spingere le vendite. Una strategia che, da un lato, è aiutata da un mercato dove la domanda è forte ( i limiti sono, invece, sul fronte dell’offerta); e che, dall’altro, è agevolata da varie peculiarit­à di Tesla. Quali? « Ad esempio - ricorda Duse- una rete di ricarica proprietar­ia, super fast, ben distribuit­a e di facile accesso. Oppure il modello di vendita attraverso dealership proprietar­i, che permette di gestire e monitorare il processo di acquisto in maniera integrata e con un feedback immediato dal cliente finale » .

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