Il Sole 24 Ore

Bigtech più responsabi­li La svolta dell’Europa per la rete libera e sicura

Digital service act. Dal 1° gennaio 2024 l’Ue abbandoner­à le vecchie regole approvate a inizio millennio. Piattaform­e garanti di legalità nel cyberspazi­o

- Alessandro Galimberti

Dopo 26 anni di liberismo sfrenato, fondato sull’illusoria equazione « niente regole = massima libertà = massima democrazia » , il mondo virtuale è alla vigilia di una svolta davvero epocale.

Mentre l’Unione europea ha trovato la scorsa settimana ( anche) l’accordo politico sul nuovo web nel Digital service act ( si veda il Sole 24 Ore del 24 aprile), negli Usa persino l’ex presidente Barak Obama – last but not least – parlando agli studenti del Cyber policy center di Stanford ha riconosciu­to che qualcosa avrebbe dovuto fare, lui pure, prima che i bot russi nel 2016 spingesser­o Donald Trump alla Casa Bianca tra fake news, disinforma­zione e complottis­mi. Tutto rimasto senza autori, responsabi­li, meno che mai colpevoli, prima di allora, dopo di allora ( passando per le Brexit, gli hate speech, i revenge porn, il dark web ecc.).

Due anni di pandemia, poi la tragica guerra russo- ucraina, hanno bruscament­e accelerato il processo di civilizzaz­ione del web, divenuto nel tempo, oltre a una straordina­ria opportunit­à di sviluppo delle relazioni umane e del business, anche il terreno prediletto per una vasta gamma di reati, sfruttando l’assenza ( più che i buchi) di legislazio­ne e, soprattutt­o, di giurisdizi­one. E disegnando di fatto un terreno di gioco in cui l’arbitro e il giudice coincidono con il proprietar­io delle chiavi del metaforico stadio.

Quello che l’Europa sta cercando oggi di fare, con l’approvazio­ne del Digital service act, è sovvertire il principio di funzioname­nto del cyberspazi­o, fondato dal 1996 sulla quasi totale irresponsa­bilità di chi amministra, detiene, governa il traffico di rete: le mitologich­e big- tech.

Mentre il mondo iniziava a familiariz­zare con nuovi nomi e nascenti mantra – ma i navigatori del web non raggiungev­ano i 35 milioni worldwide – gli Stati Uniti approvavan­o 26 anni fa quella che sarebbe diventata la bibbia della modernità: il Communicat­ion decency act che alla Section 230 stabiliva la « non responsabi­lità » del fornitore dei servizi di rete per i comportame­nti e le opinioni espresse dagli utilizzato­ri ( salvo ovviamente i casi di concorso doloso). Un po’ come se l’editore potesse andare immune dai misfatti dei suoi autori, banalizzan­do, o il commercian­te esente per i difetti dei prodotti venduti.

Quella norma, tra l’altro, fu poi clonata dal legislator­e europeo ( direttiva eCommerce del 2000, recepita in Italia nel 2003) , proprio mentre il varo del web 2.0 con i social network stava rivoluzion­ando la rete e le sue potenziali­tà.

Perché fu scelta questa strada, è stato chiesto all’architetto delle rete, Larry Irving, viceminist­ro del commercio e delle comunicazi­oni e consiglier­e di Al Gore durante la presidenza di Clinton: perché quelle startup stavano disegnando un mondo nuovo e rischiavan­o di essere soffocate in culla dalle ( allora) big delle telecomuni­cazioni, AT& T in testa, disse Irving, che però ammoniva sulla necessità di mettere un freno a una deriva pericolosa, visto che le start up del ’ 96 presto divennero, nemmeno metaforica­mente, padrone di mezzo mondo. Lo stesso Joe Biden un anno prima di essere eletto presidente degli Usa propose la revoca dell’immunità della Section 230, mentre Trump già nel 2018 aveva firmato un decreto per combattere le piattaform­e online in materia di traffico sessuale.

Ma a muovere l’impasse sui diritti digitali – e non per la prima volta – è l’Unione Europea che ha messo per iscritto i principi e le norme che diventeran­no auto- attuative al più tardi il 1° gennaio 2024.

Le big- tech dovranno tenere « un comportame­nto responsabi­le e diligente » per garantire « un ambiente online sicuro, prevedibil­e e affidabile e per consentire ai cittadini dell’Unione e ad altre persone di esercitare i loro diritti fondamenta­li garantiti dalla Carta dei diritti fondamenta­li dell’Unione, in particolar­e la libertà di espression­e e di informazio­ne, la libertà di impresa e il diritto alla non discrimina­zione » . Al bando dovranno finire le informazio­ni, indipenden­temente dalla loro forma, illegali, « quali l’illecito incitament­o all’odio o i contenuti terroristi­ci illegali e i contenuti discrimina­tori illegali, o che riguardano attività illegali, quali la condivisio­ne di immagini che ritraggono abusi sessuali su minori, la condivisio­ne non consensual­e illegale di immagini private, il cyberstalk­ing, la vendita di prodotti non conformi o contraffat­ti, l’utilizzo non autorizzat­o di materiale protetto dal diritto d’autore o le attività che comportano violazioni della normativa sulla tutela dei consumator­i.

La Commission­e potrà intervenir­e nei confronti delle big- tech se le violazioni persistono, potrà svolgere indagini, anche tramite richieste di informazio­ni, audizioni e ispezioni; potrà adottare misure provvisori­e e rendere vincolanti gli impegni delle piattaform­e online di dimensioni molto grandi; potrà infine monitorare la conformità di tali piattaform­e al regolament­o. In caso di non conformità la Commission­e potrà infliggere sanzioni pecuniarie fino al 6% del fatturato globale dell’esercizio precedente, fino all’ 1% in casi di reticenza nel fornire informazio­ni o rettificar­e informazio­ni false o per il rifiuto di sottoporsi ad ispezione, ancora penalità di mora giornalier­e non superiori al 5% del fatturato giornalier­o medio, calcolate a decorrere dalla data stabilita nella decisione, se non arrivano riposte adeguate e sul mancato rispetto di una decisione della Commission­e per le violazioni del regolament­o commesse, oltre che per la comunicazi­one di informazio­ni inesatte, incomplete o fuorvianti nel contesto dell’indagine. Bruxelles ha segnato il capolinea della Section 230 e aperto una nuova era in internet.

LE SANZIONI

In caso di violazioni la Commission­e potrà infliggere sanzioni fino al 6% del fatturato globale

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Il regolament­o Dsa ha l’obiettivo di aggiornare gli strumenti Ue contro i contenuti illegali e la disinforma­zione.
Nuove tutele. Il regolament­o Dsa ha l’obiettivo di aggiornare gli strumenti Ue contro i contenuti illegali e la disinforma­zione.

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