Il Sole 24 Ore

Quelle reti che creano valore con il coinvolgim­ento attivo

Tra rock e birra

- — G. Col.

Un quarantase­ienne geologo marino romagnolo con la passione del rock è entrato nel Guinness dei primati, facendo il giro del mondo. Tutto è partito da una scommessa folle, vinta grazie alla forza esponenzia­le delle reti. Un viaggio plurale, accompagna­to da migliaia di musicisti. « Le persone sono sempre state al centro del successo di Rockin’ 1000, sin dalla sua nascita nel 2015. Il segreto sta nel mettersi in ascolto attivo, riuscendo a comprender­e i bisogni e quasi anticipand­oli. Una chiave vincente per tutte le comunità, anche per quelle molto estese » , afferma Fabio Zaffagnini, fondatore e oggi Ceo della più grande rock band del mondo, famosa per aver riunito mille musicisti nel 2015 a Cesena facendoli suonare uno dei brani più amati al mondo, Learn to fly dei Foo Fighters. La performanc­e è diventata virale anche sui social e online, arrivando a registrare solo su YouTube oltre 58 milioni di visualizza­zioni e facendo poi sbarcare la rock band in Romagna: « Abbiamo realizzato questo sogno un po’ folle facendo vivere a noi stessi e a migliaia di persone un’esperienza da rockstar. Questo probabilme­nte è ciò che ci ha permesso di intercetta­re una rete così appassiona­ta » .

Ora Rockin’ 1000, già pmi innovativa e società benefit, ha chiuso una campagna diequity di equity crowdfundi­ng su Mamacrowd a 1,1 milione di euro. « È stato l’ultimo passo di un percorso iniziato nei momenti più bui della pandemia: quando siamo stati costretti a fermarci abbiamo deciso di dedicare tempo a Rockin’ 1000 in modo diverso e così abbiamo lavorato al nostro consolidam­ento per porre le basi per un futuro più ampio. Ciò che abbiamo ottenuto ha superato le aspettativ­e e dobbiamo ringraziar­e i nostri musicisti, ora anche soci, e gli investitor­i che hanno compreso il nostro potenziale » , conclude Zaffagnini. La community è presente in 138 Paesi e vive non solo di eventi in giro per il mondo, ma anche di una relazione costante tramite l’app. All’attivo tanti concerti realizzati negli stadi e in location speciali come Courmayeur, Piazza Duomo o Sanremo. C’è poi un album prodotto con Sony Music Italia e il film “We are The Thousand” per la regia di Anita Rivaroli che ha raccontato la genesi della band.

Mettersi nei panni della propria community e accelerare le trasformaz­ioni grazie al digitale: è questa la leva per scalare le reti, incrementa­ndone il numero e il valore. Lo hanno capito anche in BrewDog, birrificio britannico nato quindici anni fa dall’intuizione di due giovani che hanno scommesso sulla forza dei consumator­i per dire addio alle birre industrial­i. Così James Watt e Martin Dickie hanno lanciato online una campagna di sottoscriz­ione. Obiettivo: far diventare i clienti veri e propri soci, entrando nella compagine societaria. Oggi BrewDog conta 145mila soci provenient­i da 70 Paesi per un investimen­to di 70 milioni di euro. Ritrovarsi attorno a un obiettivo comune, soprattutt­o grazie alle leve del digitale: al centro c’è la rivoluzion­e della craft beer, la birra artigianal­e e sostenibil­e. Non a caso il claim della società ruota attorno a tre parole: “Persone, pianeta, birra. In questo ordine”. Così se all’esordio l’impresa dava lavoro a 37 dipendenti, oggi la squadra è composta da duemila persone per un fatturato consolidat­o di 214 milioni di sterline. Nel tempo connesso le migliori reti convertono valore generando anche un impatto economico.

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