Quelle reti che creano valore con il coinvolgimento attivo
Tra rock e birra
Un quarantaseienne geologo marino romagnolo con la passione del rock è entrato nel Guinness dei primati, facendo il giro del mondo. Tutto è partito da una scommessa folle, vinta grazie alla forza esponenziale delle reti. Un viaggio plurale, accompagnato da migliaia di musicisti. « Le persone sono sempre state al centro del successo di Rockin’ 1000, sin dalla sua nascita nel 2015. Il segreto sta nel mettersi in ascolto attivo, riuscendo a comprendere i bisogni e quasi anticipandoli. Una chiave vincente per tutte le comunità, anche per quelle molto estese » , afferma Fabio Zaffagnini, fondatore e oggi Ceo della più grande rock band del mondo, famosa per aver riunito mille musicisti nel 2015 a Cesena facendoli suonare uno dei brani più amati al mondo, Learn to fly dei Foo Fighters. La performance è diventata virale anche sui social e online, arrivando a registrare solo su YouTube oltre 58 milioni di visualizzazioni e facendo poi sbarcare la rock band in Romagna: « Abbiamo realizzato questo sogno un po’ folle facendo vivere a noi stessi e a migliaia di persone un’esperienza da rockstar. Questo probabilmente è ciò che ci ha permesso di intercettare una rete così appassionata » .
Ora Rockin’ 1000, già pmi innovativa e società benefit, ha chiuso una campagna diequity di equity crowdfunding su Mamacrowd a 1,1 milione di euro. « È stato l’ultimo passo di un percorso iniziato nei momenti più bui della pandemia: quando siamo stati costretti a fermarci abbiamo deciso di dedicare tempo a Rockin’ 1000 in modo diverso e così abbiamo lavorato al nostro consolidamento per porre le basi per un futuro più ampio. Ciò che abbiamo ottenuto ha superato le aspettative e dobbiamo ringraziare i nostri musicisti, ora anche soci, e gli investitori che hanno compreso il nostro potenziale » , conclude Zaffagnini. La community è presente in 138 Paesi e vive non solo di eventi in giro per il mondo, ma anche di una relazione costante tramite l’app. All’attivo tanti concerti realizzati negli stadi e in location speciali come Courmayeur, Piazza Duomo o Sanremo. C’è poi un album prodotto con Sony Music Italia e il film “We are The Thousand” per la regia di Anita Rivaroli che ha raccontato la genesi della band.
Mettersi nei panni della propria community e accelerare le trasformazioni grazie al digitale: è questa la leva per scalare le reti, incrementandone il numero e il valore. Lo hanno capito anche in BrewDog, birrificio britannico nato quindici anni fa dall’intuizione di due giovani che hanno scommesso sulla forza dei consumatori per dire addio alle birre industriali. Così James Watt e Martin Dickie hanno lanciato online una campagna di sottoscrizione. Obiettivo: far diventare i clienti veri e propri soci, entrando nella compagine societaria. Oggi BrewDog conta 145mila soci provenienti da 70 Paesi per un investimento di 70 milioni di euro. Ritrovarsi attorno a un obiettivo comune, soprattutto grazie alle leve del digitale: al centro c’è la rivoluzione della craft beer, la birra artigianale e sostenibile. Non a caso il claim della società ruota attorno a tre parole: “Persone, pianeta, birra. In questo ordine”. Così se all’esordio l’impresa dava lavoro a 37 dipendenti, oggi la squadra è composta da duemila persone per un fatturato consolidato di 214 milioni di sterline. Nel tempo connesso le migliori reti convertono valore generando anche un impatto economico.