Scudo sociale di Draghi contro i timori sulla guerra
Avanza la guerra, aumenta il pacchetto di aiuti predisposti dal Governo. E questa simmetria ci sarà per tutta la durata del conflitto - e verosimilmente anche dopo - perché le ragioni del nostro schieramento hanno la necessità di combinarsi con misure economiche che tengano il più possibile coesa l’opinione pubblica. Come si legge dai sondaggi, fa molta presa sui cittadini l’argomento della paura di un’escalation militare ma se alla paura si somma il disagio, allora la miscela diventa esplosiva soprattutto per quei partiti che sono in prima fila a difesa dell’Ucraina e in posizione filo- atlantica senza sfumature o distinguo. Finora però se lo sgomento e i timori degli italiani emergono con chiarezza, questi non si sono tradotti in un effetto sul consenso. Infatti Pd e FdI che sono le due forze più schierate con l’Ucraina, continuano a essere i primi addirittura con piccoli segni “più” mentre la crisi di Lega e 5 Stelle non ha avuto - finora - alcun beneficio dalle posizioni più prudenti e pacifiste.
È vero, una linea verrà tirata solo alla fine della guerra il cui esito peserà sul destino dei vari leader sul fronte interno e internazionale, ma intanto devono proiettarsi da qui a un anno e ragionare su come questo conflitto sta agendo sul tessuto sociale del Paese. Nel senso che saranno loro gli eredi, o meglio chi vincerà le elezioni del 2023, di un’Italia con un’economia bellica o post- bellica. È probabile che subito dopo l’approvazione della legge di bilancio si scioglieranno le Camere e si andrà al voto a fine febbraio, e per quella data anche ammesso che si sia arrivati a una pace, c’è un Paese da tenere in sesto e non far deragliare. Questo vuol dire un sempre maggiore coinvolgimento delle forze di maggioranza nelle scelte del premier che – come lui stesso ha dichiarato – non vede affatto un futuro in politica. Non sarà lui, quindi, a gestire gli effetti dell’andamento del Pil di quest’anno le cui stime restano assai incerte e legate ai tempi e modi del conflitto. In pratica da qui a ottobre le “cabine di regia” e le decisioni saranno sempre più condivise e non si sentirà più il refrain del premier che alla fine decide da solo.
E tra i partiti è il Pd l’alleato più solido di Draghi perché è quello che con più convinzione sostiene la linea sulla guerra, mentre Meloni – che è pure dalla stessa parte – è all’opposizione. Uno schieramento che ha messo Letta su una posizione chiara ma molto difficile per una fetta di elettorato sensibile al tema del pacifismo. Dunque, ha motivo di rivendicare un ruolo più forte nel negoziato sulle misure sociali.