Il Sole 24 Ore

La lotta all’evasione deve tradursi in tagli ( veri) alle tasse

- Luigi Marattin Deputato di Italia Viva e presidente della commission­e Finanze © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Raramente un concetto ha trovato maggior condivisio­ne di quello secondo cui le risorse recuperate dalla lotta all’evasione debbano essere destinate alla riduzione della pressione fiscale. Il debutto legislativ­o di tale concetto avvenne con la Legge di Bilancio 2014, che tuttavia aveva due inconvenie­nti. In primo luogo, si riferiva solo alle risorse derivanti dall’attività di accertamen­to e controllo ( vale a dire i ruoli), e non dall’effettiva riduzione del tax gap rispetto agli anni precedenti. In secondo luogo, tali entrate dovevano essere non solo superiori a quelle incassate l’anno prima, ma anche rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio pluriennal­e. Nella Legge di Bilancio 2021 è stato sostituito da un nuovo meccanismo. Le risorse destinabil­i alla riduzione della pressione fiscale sono quelle derivanti non dai maggiori controlli dell’Agenzia delle Entrate e

Guardia di Finanza, bensì dal migliorame­nto complessiv­o della tax compliance, magari dovuta a innovazion­i legislativ­e: vale a dire, la riduzione effettiva della distanza tra gettito potenziale e gettito effettivo, stimata con robuste tecniche econometri­che. Anche stavolta ci sono però due condizioni. La prima è che il migliorame­nto della compliance sia struttural­e, vale a dire le maggiori entrate devono verificars­i non solo nell’anno oggetto di valutazion­e, ma anche nei tre seguenti. È giusto: per poter finanziare una riduzione struttural­e della pressione fiscale, occorre utilizzare risorse struttural­i. È la seconda condizione, tuttavia, a rendere potenzialm­ente inefficace il meccanismo. Per comprender­lo bene, facciamo un esempio concreto con numeri ipotetici. Nel 2022 si guarda al migliorame­nto della compliance avvenuto nel 2019, e si controlla che esso sia stato mantenuto nei tre anni seguenti, in modo da passare il test di “struttural­ità”. Ipotizziam­o che tali risorse ammontino a 10 miliardi, una cifra probabilme­nte non lontana dalla realtà, visto che in quell’anno cominciano ad avere effetti i provvedime­nti antievasio­ne adottati negli anni precedenti, in primis la fatturazio­ne elettronic­a. La seconda condizione per poter usare quelle risorse prevede che la Nadef 2022 ( scritta a settembre) registri comunque un migliorame­nto delle entrate tendenzial­i rispetto al Def 2022 ( scritto ad aprile) di almeno 10 miliardi. In poche parole, indipenden­temente dalla dinamica 2019- 2022, nel 2022 ci deve comunque essere una “sopravveni­enza attiva” di 10 miliardi rispetto all’ultima volta che si sono aggiornati i tendenzial­i.

È evidente che questa condizione è del tutto estranea all’obiettivo che si vuole raggiunger­e: se infatti ho certificat­o che negli ultimi tre anni nelle casse dello Stato sono affluite maggiori risorse stabili e ricorrenti per 10 miliardi, perché ho bisogno che in soli 5 mesi – dal momento del Def a quello della Nadef – ne debbano essere arrivati altrettant­i in più? Tale condizione poi diventa ancor più difficile da soddisfare se nel Def 2022 – come effettivam­ente accaduto – le entrate tendenzial­i vengono ritoccate al rialzo, addirittur­a di 9 miliardi. Significa, nel nostro esempio ipotetico, che a settembre le entrate tendenzial­i devono registrare un aumento in soli 5 mesi di ben 19 miliardi. Altrimenti i 10 miliardi derivanti dalla diminuzion­e dell’evasione fiscale ( pur essendo certi) non possono essere usati per ridurre le tasse.

Non è difficile immaginare perché questa seconda condizione fu inserita. Al di là degli slogan romantici, si volle in realtà mantenere la piena discrezion­alità del governo nel decidere come spendere le maggiori risorse derivanti dal contrasto all’evasione. Comprensib­ile. In fondo sono proprio i partiti ( li stessi che si sgolano a urlare “meno tasse” ogni cinque minuti) ad assediare il Mef con mille altre richieste di spesa ogni volta che emergono nuove risorse. Ma allora si abbia il coraggio di cancellare quel meccanismo, e sancire la piena discrezion­alità. Se invece si crede nel concetto “pagare tutti, pagare meno”, allora si elimini quella seconda condizione, e si renda cogente il meccanismo. La settimana scorsa ho presentato una proposta di legge per fare questo. Sarebbe bello unire le forze politiche sulla traduzione legislativ­a di un concetto che tutti ripetiamo da anni.

IL MECCANISMO CHE COLLEGA RECUPERO E RIDUZIONE DELLA PRESSIONE è CONGEGNATO PER INCEPPARSI

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