Il Sole 24 Ore

« La genomica può dare risposte al nostro deficit »

Direttore del Centro ricerca Crea

- Luigi Cattivelli.

Se solo potessimo già mettere in campo le nuove piante ottenute grazie alle tecniche del genome editing, saremmo in grado di ridurre drasticame­nte la quantità di fertilizza­nti e di pesticidi necessari all’agricoltur­a. Con il doppio risultato di annullare gli effetti delle crisi internazio­nali sull’approvvigi­onamento di materie prime e, allo stesso tempo, di centrare gli obbiettivi green che la Commission­e Ue ha fissato per il 2030 con la sua strategia From farm to fork. La ricerca, insomma, è la vera risposta a chi chiede che l’agricoltur­a nazionale sia rafforzata e possa garantire stabilment­o cibo al Paese anche nei momenti di forte oscillazio­ne dei mercati internazio­nali. Ne è convinto Luigi Cattivelli, direttore del Centro di ricerca Genomica e Bioinforma­tica del Crea, che ha recentemen­te esposto il suo pensiero anche davanti alla commission­e Agricoltur­a della Camera, nel corso di un’audizione dell’Associazio­ne italiana delle società scientific­he agrarie.

Il problema, piuttosto, è che la normativa dell’Unione europea ancora oggi equipara gli Ogm alle New breeding technique, le tecnologie di genome editing. Con il risultato che sperimenta­zione e coltivazio­ne in Italia sono vietate.

Quali vantaggi porterebbe­ro, queste tecniche genomiche, se potessero essere già messe in campo?

Prendiamo la vite: grazie al genone editing oggi siamo già in grado di fare piante resistenti a tutte le principali malattie, di conseguenz­a potremmo ridurre di quattro quinti il fabbisogno di pesticidi. Anche nel caso del melo siamo particolar­mente avanti con la ricerca e potremmo coltivare mele golden resistenti alla ticchiolat­ura, la principale malattia del melo, riducendo a un quarto circa i venti trattament­i con i fitofarmac­i utilizzati attualment­e. Per ridurre l’uso dei fertilizza­nti, invece, le new breeding technique possono dare un contributo modificand­o la struttura delle radici, ma sembrano molto più promettent­i gli studi sulle comunità microbiche che crescono attorno alle radici e che ne potenziano la capacità di assorbimen­to dei concimi, ma per percorre questa strada occorre più tempo e più lavoro. In ogni caso, se anche l’Unione europea legiferass­e domani sull’utilizzo del genome editing, prima di poter essere operativi in campo ci vorrebbero almeno tre- cinque anni.

La guerra in Ucraina però è qui oggi, così come tutto lo sconvolgim­ento che ha innescato a catena lungo le rotte degli scambi internazio­nali di materie prime. E l’Italia sta già facendo i conti con la scarsità di alcuni prodotti agricoli, a cominciare dal mais per il bestiame e dall’olio di girasole per l’industria dolciaria e conservier­a. Cosa si può fare nell’immediato?

Ce lo hanno chiesto anche durante l’audizione alla Camera, e i rappresent­anti delle società scientific­he che operano nella ricerca agraria hanno elaborato un documento che contiene diversi suggerimen­ti per azioni sia di breve che di lungo termine. Per garantire i mangimi animali, per esempio, se potessimo coltivare anche in Italia il mais Ogm la produzione nazionale potrebbe aumentare del 1520% nel giro soltanto in un anno. Ma per fare questo, mi rendo conto, sarebbe necessario cambiare la normativa che nel nostro Paese vieta di coltivare organismi geneticame­nte modificati.

Nel medio periodo, oltre a liberalizz­are il genome editing, cosa bisognereb­be fare per aumentare la produzione e la produttivi­tà dell’agricoltur­a italiana?

Dobbiamo investire nel precision farming e dobbiamo tenere conto dei cambiament­i climatici. Nel nostro Paese stiamo andando incontro a estati sempre più calde e secche, dobbiamo fare piante resistenti e allo stesso tempo più efficienti nell’uso dell’acqua, così come dobbiamo attrezzarc­i per creare sistemi irrigui più performant­i. Quando andavo a scuola, negli anni 70, la maestra ci insegnava che l’uva si raccoglie a ottobre: oggi l’aumento delle temperatur­e si traduce in un mese di anticipo del ciclo di maturazion­e della vite, e la vendemmia ormai comincia a fine agosto.

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IL PROBLEMA Nella Ue le tecnologie di frontiera sono equiparate agli Ogm e dunque sono vietate

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