Cresce l’allarme sulla siccità: senza azioni costi fuori controllo
L’impatto economico
Non è solo la guerra in Ucraina con i suoi effetti sul risiko delle materie prime a rappresentare una minaccia per l’agricoltura e l’allevamento mondiali. L’altro spettro sempre più reale si chiama siccità. Lo sta sperimentando già ora l’Italia settentrionale lungo il bacino del Po dopo un inverno anomalo, il più secco degli ultimi dieci anni. Del resto per gli esperti dell’Ipcc, il panel intergovernativo dell’Onu sui cambiamenti climatici, c’è una previsione che mette tutti d’accordo: la siccità sarà un fenomeno sempre più ricorrente e permanente, soprattutto nell’area del Mediterraneo. E se non si corre ai ripari contenendo l’aumento della temperatura al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto al livello pre- industriale questa situazione darà luogo a « una condizione irreversibile di aridità » .
Quantificare l’impatto della siccità non è semplice, fa notare Gustavo Naumann, ricercatore del Cima, il Centro internazionale di monitoraggio ambientale. « Nel settore agricolo - spiega - gli effetti non sono immediatamente visibili ma si osservano a distanza di mesi » . Un mix pericoloso tra assenza di precipitazioni e di scioglimento delle nevi ai minimi storici causato dal surriscaldamento del pianeta prosciuga le riserve idriche e lascia i campi sempre più a secco con un conto salato. Il Cima ha provato a stimarlo per la Commissione europea, ipotizzando diversi scenari. Già oggi la siccità costa all’area che comprende Unione europea e Gran Bretagna circa 9 miliardi di euro all’anno, con punte di 1,5 miliardi in Spagna e 1,4 in Italia.
In assenza di azioni per mitigare il clima da qui al 2100 il costo sarebbe cinque volte tanto ( 45 miliardi) con un aumento della temperatura di 3 gradi e balzerebbe a 65 miliardi con un termometro più alto di 4 gradi. Per l’Italia la forbice sarebbe compresa tra i 5,4 e gli 8,9 miliardi annui. « A livello settoriale – spiega il ricercatore del Cima Gustavo Naumann - proprio l’agricoltura dovrebbe subire almeno metà delle perdite complessive » . Tra le colture quella oggi più a rischio siccità in Italia è il riso. Per questo tipo di coltivazione ad aprile è iniziato il periodo di irrigazione e la scarsità delle precipitazioni nel periodo invernale non è certo di buon auspicio.
Per correre ai ripari, spiega Naumann, « le chiavi sono l’adattamento e la mitigazione, con la messa a punto di sistemi di monitoraggio e di prevenzione » . In presenza di misure di adattamento le perdite sarebbero infatti contenute da qui al 2100 a 22,6 miliardi all’anno per la Ue e la Gran Bretagna con un aumento di 3 gradi centigradi e a 2,7 miliardi per l’Italia. Qui come su altri dossier un’azione europea comune potrebbe fare la differenza. In linea con la strategia Ue di adattamento ai cambiamenti climatici a metà giugno diventerà operativo il progetto Edora ( European Drought Observatory for Resilience and Adaptation) che punta a promuovere lo scambio di informazioni e di buone pratiche tra i vari osservatori sulla siccità nella Ue. « La conoscenza - conclude Naumann - è un buon punto di partenza » .
L’emergenza costa all’Italia 1,4 miliardi annui. Senza interventi, tra 80 anni, si salirà a 8,9 miliardi l’anno