L’algoritmo che vede i neuroni in tempo reale
Neuroscienze Cite- on
Si chiama Cite- on ed è, in sintesi, un algoritmo per il deep learning, applicabile all’interpretazione dei dati che arrivano dalle indagini di imaging ottenute con i microscopi funzionali sul cervello. Ma dietro la sequenza di cifre messa a punto dal team di ricercatori del laboratorio Optical Approaches to Brain Function dell’Istituto italiano di tecnologia ( Iit di Genova), guidato da Tommaso Fellin, c’è molto di più. Perché finora, per interpretare le stesse impressionanti quantità di dati, occorrevano settimane o, per le procedure automatizzate, come minimo qualche giorno, mentre ora bastano pochi minuti. E questo può fare la differenza, sia nell’ambito di ricerca di base sia in ambiti più applicativi. Strumenti quali i microscopi funzionali, infatti, registrano e analizzano nello stesso momento i dati relativi all’attività di migliaia di cellule nervose, salvo poi fornire una mole notevolissima di dati interconnessi la cui decodifica, estremamente complessa, richiede tantissimo tempo, e a volte diventa impossibile per le troppe variabili presenti. Per fare un passo in avanti, i ricercatori dell’Iit hanno quindi deciso di sfruttare le reti neurali artificiali già in uso per esempio per i telefoni cellulari, per lo sviluppo di auto a guida autonoma o per i sistemi di video- sorveglianza, e le hanno applicate ai segnali dei microscopi. Grazie a esse, come spiegano gli autori nello studio pubblicato su Nature Communications, è stato possibile riconoscere l’attività di ogni neurone, attribuirgli una certa forma e luminosità e, in questo modo, comprenderne il comportamento in un certo momento e in relazione a quello degli altri, come è stato verificato anche con stimoli specifici quali quelli tattili o meccanici.
Quanto alle applicazioni di CiteOn, i cui codici sono stati subito messi a disposizione della comunità scientifica, è indubbio che uno strumento che interpreta l’attività delle cellule nervose in tempi così rapidi potrebbe accelerare molto gli studi sull’anatomia e sulla fisiologia del cervello ma anche, per esempio, aiutare a verificare la risposta a un certo farmaco.
Per studiare lo stesso tipo di fenomeno, ma con un approccio diverso, un altro gruppo dell’Iit, questa volta di Napoli, ha realizzato, in collaborazione con ricercatori dell’Università Federico II e dell’ateneo di Aquisgrana, in Germania, un materiale ibrido: una membrana biomimetica, cioè un chip racchiuso in uno strato di fosfolipidi che ricorda molto da vicino quello delle membrane normali delle cellule nervose. Così mimetizzato, il chip non viene rigettato, e riesce a condurre l’impulso nervoso. Lo scopo finale – hanno ricordato gli autori, su Advanced Materials – è anche terapeutico, perché questi “dispositivi bioibridi funzionalizzati”, oltre a essere utilissimi nello studio dei deficit di trasmissione, potrebbero essere impiantati nelle zone cerebrali dove la conduzione è difettosa, per esempio per una malattia neurodegenerativa, e lì vicariarne la funzione, oppure nelle amputazioni, dove potrebbero fare da ponte tra le terminazioni nervose biologiche preservate e i circuiti delle protesi artificiali robotiche di nuova generazione.
Lo strumento è messo a disposizione della comunità scientifica in modalità open source e open access DISPOSITIVI Una membrana biomimetica collega le terminazioni nervose biologiche ai circuiti artificiali