Unicredit alla svalutazione degli asset russi
I conti della guerra Attesa per la trimestrale
Cessione a un soggetto russo ( ancora non sanzionato), chiusura secca delle attività, nazionalizzazione da parte di Mosca. Gira al momento attorno a queste tre soluzioni il futuro degli asset di UniCredit in Russia.
Con la guerra in Ucraina, la presenza a Mosca è diventata in breve un groviglio di problemi finanziari, operativi e giuridici di non semplice risoluzione per molte banche internazionali. Tra queste c’è UniCredit, che da subito si è messa al lavoro per tentare di attutire il colpo generato dall’inevitabile inasprimento sanzionatorio generato dall’invasione. Difficile che a breve, nonostante le soluzioni e gli abboccamenti che si stanno tentando sottotraccia da settimane, la banca guidata da Andrea Orcel riesca a recidere i fili con Mosca.
Ma intanto, da quanto raccolto da Il Sole 24Ore, l’istituto sta cercando di ridurre l’impatto negativo sul bilancio degli effetti della presenza in Russia. Tanto che nei prossimi giorni, forse già in occasione della presentazione dei conti del primo trimestre fissata per dopodomani, potrebbero esserci i primi riscontri. L’attenzione della banca di piazza Gae Aulenti si starebbe concentrando in particolare sulle tre principali “voci” contabili dell’esposizioni verso Mosca: quelle dirette, pari a 1,9 miliardi, al netto delle coperture sui cambi, erogate tramite la locale UniCredit Bank Russia; quelle indirette, costituite da un portafoglio complessivo di 4,5 miliardi di euro, in gran parte erogate tramite la controllata tedesca Hvb e il Cib, e quasi interamente dirette ad alcune delle principali multinazionali russe; infine, l’esposizione in derivati verso banche russe, con un valore mark- to- market di circa 300 milioni di euro al netto del collaterale e con una perdita massima potenziale di un miliardo in caso di azzeramento del rublo. Su questo grande bacino di asset, il management guidato da Orcel starebbe lavorando da settimane posizione per posizione. La trimestrale potrebbe essere l’occasione per varare un mix di azioni tattiche, da realizzare in parte tramite svalutazioni e accantonamenti, in parte tramite recuperi, con l’obiettivo di iniziare a ridimensionare l’ esposizione al rischio Russia. Si vedrà quale sarà l’impatto anche se va detto che la banca di Orcel è nelle condizioni di assorbire lo scenario ( estremo) del totale azzeramento delle attività in Russia, con un impatto stimato di circa 200 punti base a fronte di un Cet 1 della banca al 15% circa.
Di certo l’obiettivo di fondo rimane quello di tagliare i ponti con la Russia. Obiettivo a dire il vero più facile a dirsi che a farsi. Una prima ipotesi, più teorica che altro, prevede la chiusura integrale delle attività, ipotesi con costi sociali notevoli ( che Orcel intende evitare) e conseguenze finanziarie e legali non meno massicce. Altro scenario è la nazionalizzazione della banca da parte del governo di Putin, ma in questo caso dovrebbe essere l’esecutivo russo a muoversi, e la sensazione è che al momento il governo di Mosca stia invece obbligando le realtà straniere a continuare a operare come nulla fosse per dare la parvenza di normalità al pubblico. L’ultima strada, allora, è quella di una cessione dell’intero asset di Ao UniCredit a un soggetto russo ( oligarca o banca) non sanzionato per una cifra simbolica. È ciò che ha fatto nelle scorse settimane la francese Société Générale, uno dei gruppi storicamente più esposti in Russia, che ha azzerato la presenza cedendo le sue attività bancarie ( Rosbank) e assicurative all’oligarca Vladimir Potanin, molto vicino al presidente Putin. UniCredit, a quanto risulta al Sole, da settimane starebbe provando a sondare diversi soggetti russi per realizzare un’operazione simile ma lo scenario oggi appare ancora fluido. La complessità del contesto geopolitico e un quadro sanzionatorio firmato da Usa, Gran Bretagna e Ue a dir poco in movimento - e che mette fuori gioco acquirenti potenziali in maniera molto repentina - rendono la partita a dir poco incerta.