Dimissioni collettive per disarcionare Petrocelli
Da una parte il presidente della commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli, espulso dal gruppo del M5s ( anche se la decisione non è stata ancora formalizzata) per le sue posizioni filo- putiniane, che resiste: « Non mi dimetto perché sento di rappresentare la Costituzione e la volontà degli italiani » . Dall’altra la presidente dei senatori pentastellati Mariolina Castellone che vuole che sia la presidente dell’Assemblea Elisabetta Casellati a costringere Petrocelli alle dimissioni, come chiesto da tutti i membri della commissione in una lettera a lei inviata: « Non farò forzature, deciderà Casellati » . È così che il percorso per arrivare alla “defenestrazione” di Petrocelli - impossibile con un voto di sfiducia secondo i regolamenti parlamentari - si è delineato ieri alla fine di una lunga capigruppo e di una successiva riunione della Giunta per il regolamento: dopo le dimissioni in blocco di tutti i membri della commissione, arrivate ad una ad una già nella serata di ieri comprese quelle del leader della Lega Matteo Salvini ( al momento solo il senatore Emanuele Dessì del nuovo gruppo parlamentare Cal è contrario), i presidenti dei gruppi dovranno formalizzare l’intento di non sostituirli con colleghi di partito. E solo a quel punto la presidente Casellati e la Giunta potranno sostenere lo scioglimento della commissione stessa per l’impossibilità di poter continuare a svolgere i suoi compiti in un momento così delicato sul fronte internazionale, con la guerra in Ucraina. Subito dopo si procederà alla ricomposizione con la nomina di un nuovo presidente.