Cdp svaluta Saipem per 323 milioni Eni, Poste e Tim più ricche in bilancio
Rischio guerra: dopo il varo delle sanzioni monitorati alcuni crediti garantiti
Svalutate Cdp Industria e la quota in Webuild. Pesa la cessione di Sace al Mef
Cdp ha chiuso il 2021 procedendo a varie svalutazioni. La più consistente riguarda la partecipata ( assieme a Eni) al 12% Saipem per la quale è stata decisa una riduzione del valore per 323 milioni, portando la della quota ( contabilizzata a equity) a 40 milioni. Per arrivare a questo risultato, si legge nella relazione finanziaria, sono stati anticipati al 31 dicembre gli effetti delle svalutazioni annunciate a sua volta da Saipem a fine gennaio 2022.
Nel periodo la capogruppo Cdp ha svalutato anche Cdp Industria ( contabilizzata a conto economico), con una riduzione di 304 milioni, mentre sempre a livello di gruppo ( equity) è stato ridotto il valore per 60 milioni della partecipazione in Webuild ( circa 250 milioni la valutazione a equity). Tra le perdite di valore importanti quella legata alla cessione di Sace al Mef: la valutazione fatta dal ministero era inferiore per 1,28 miliardi rispetto al valore di bilancio di Cdp.
A fronte di valutazioni ci sono state anche significative riprese di valore: tra queste Eni, la cui valutazione a equity ha recuperato valore per 1,473 miliardi dopo il significativo write down da 2,46 miliardi del 2020. E poi la partecipazione ( 35%) in Poste, il cui valore passa da 336 a 517 milioni. E ancora: la quota del 10% posseduta in Tim, contabilizzata al fair value, è stata aggiornata a fine anno con una ripresa di valore di circa 100 milioni, per 720 milioni complessivi . L’operazione di fusione Sia Nexi ha determinato una plusvalenza contabilizzata nei conti del gruppo per circa 930 milioni.
La società guidata da Dario Scannapieco ha chiuso l’esercizio con un utile netto di 2,4 miliardi ( in flessione sul 2020): la relazione conferma la determinazione del nuovo ad di distribuire il 55% dell'utile, con un monte dividendi da 1,284 miliardi, con un dividendo per azione di 3,8 euro. Dal documento emerge che Cdp ha rilevato crediti di imposta su Ecobonus ( tra cui il Superbonus 110%) per 347 milioni. Dalle tabelle emerge che sussistono, però, anche impegni ad acquistare ulteriori crediti di imposta da Ecobonus: la quota esatta non è specificata ( cumula anche altre voci), ma nel complesso vale 8 miliardi. Altro aspetto interessante riguarda la gara per il cloud della Pa al quale il gruppo partecipa attraverso Cdp Equity nel raggruppamento con Sogei, Leonardo e Tim. La competizione prevede il deposito di una cauzione; nel caso del raggruppamento è di 91 milioni e rappresenta il 2% dei ricavi cumulati previsti dal piano economico finanziario. Fatti i dovuti conti si tratta di ricavi attesi dal consorzio per 4,5 miliardi ( in 3 o forse 5 anni). E ancora: la Cdp a fine 2021 deteneva titoli di Stato per 53,7 miliardi, 7 in meno del 2020.
Nella relazione c'è un’ampia sezione dei rischi legati al conflitto in Ucraina. Cdp ha sottoposto a monitoraggio, dopo il varo delle sanzioni, di alcun crediti, assistiti da garanzie Sace, per i quali al momento non è necessaria la risoluzione dei contratti. È stato risolto, invece, il Cooperation agreement con il Russian Direct Investment Fund stipulato nel 2019, anche con Simest e il Fondo italiano di investimento, sulla cooperazione a supporto di imprese italiane con operatività in Russia. Cdp Equity ha avviato il monitoraggio rischi potenziali per Ansaldo Energia, per il gruppo Inalca, Rocco Forte Hotel, che ha due hotel in Russia. E poi Nexi e Euronext che potrebbero essere esposte a cyber attack ai sistemi di pagamenti elettronici. Per Eni, che ha annunciato l’uscita da Blue Stream, c'è la questione dell’approvvigionamento del gas, che sta diversificando, mentre non farà più approvvigionamento di petrolio dalla Russia. Massima attenzione è posta sull’aumento del rischio controparte per l’aumento nominale dell’esposizione verso i clienti e le difficoltà settore industriale a sostenere l’aumento dei costi energia e materie prime. C’è poi un crescente rischio finanziario sul gas per via della necessità di aumentare i depositi liquidi a garanzia del settlement delle operazioni in derivati in adempimento degli obblighi di marginazione ( margin call). Il rischio che ha spinto molti trader europei a chiedere un tetto al prezzo del gas.