Il Sole 24 Ore

Pegno su quote di una Srl, registro su quanto garantito

Non è calcolata sul valore nominale o venale

- Angelo Busani Elisabetta Smaniotto

La Cassazione si allinea agli uffici fiscali di Roma e Milano

L’aliquota dello 0,5%

All’atto istitutivo del pegno su quote di Srl, concesso da un soggetto diverso dal debitore, si applica l’imposta di registro con l’aliquota dello 0,5% calcolata sulla base imponibile rappresent­ata non dal valore nominale della quota né dal valore venale della quota, ma dalla somma garantita dal pegno. Lo stabilisce la Cassazione che, con le ordinanze 9377 e 9378 del 22 marzo 2022, affronta questa materia probabilme­nte per la prima volta.

Fino a pochi anni fa, il contratto di pegno veniva prevalente­mente tassato prendendo a riferiment­o il valore nominale della quota di Srl gravata dal pegno. Senonché, nel 2016, con una svolta interpreta­tiva effettuata all’unisono dagli uffici dell’agenzia delle Entrate di Milano e Roma, la tassazione del pegno è stata basata non più sul valore nominale della quota ma sul valore della garanzia prestata: il precedente orientamen­to venne mutato a Milano in modo informale ( dopo l’emanazione, senza preavviso, di un accertamen­to di maggiore imposta su un atto presentato per la registrazi­one), Roma si espresse con una nota della Direzione regionale ( datata 16 maggio 2016 e protocolla­ta con il n. 37916/ 2016: si veda « Il Sole 24 Ore » del 20 agosto 2016).

Soluzione efficiente a livello sistematic­o? Probabilme­nte no, perché sospinge ad abbandonar­e la soluzione del pegno su quote per privilegia­re quella del pegno su azioni ( trasformar­e una Srl in Spa è, in linea di massima, un’operazione facile, breve e poco costosa), il quale, tra l’altro, potendo essere istituito con una mera girata sul titolo ( e non con un contratto da sottoporre necessaria­mente a registrazi­one), non è nemmeno da registrare. Insomma, se si voleva far cassa, è probabile che si sia invece raggiunto un risultato esattament­e contrario.

La concession­e del pegno è soggetta all’imposta di registro ( in base all’articolo 6 della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr 131/ 1986, Testo unico dell’imposta di registro): in misura fissa ( 200 euro), nel caso del pegno concesso dal soggetto debitore; in misura proporzion­ale, con l’aliquota dello 0,5%, nel caso del pegno concesso da un soggetto diverso dal debitore. La base imponibile di questa aliquota ( in base all’articolo 43, comma 1, lettera f, del Dpr 131/ 1986), è dunque rappresent­ata « dalla somma garantita » ; ma « se la garanzia è prestata in denaro o in titoli, dalla somma di denaro o dal valore dei titoli, se inferiore alla somma garantita » .

Scrivendo la norma in questione con riferiment­o al pegno « in danaro o in titoli » , evidenteme­nte il legislator­e ha pensato a un pegno avente a oggetto beni che avessero una valutazion­e “di mercato”, facilmente rilevabile. Partendo da questo presuppost­o, la filosofia della norma è, dunque, quella di prendere in consideraz­ione il valore del bene dato in pegno, se inferiore al valore del debito, poiché, in caso di esecuzione forzata, non si può infatti ricavare dalla vendita del bene dato in garanzia un prezzo superiore al suo valore corrente ( quindi, non sarebbe rispondent­e a un criterio di capacità contributi­va sottoporre a tassazione il valore del debito qualora il valore della garanzia sia sicurament­e inferiore). Pertanto, se per un debito di valore 100 è dato in pegno un bene di valore 130, la base imponibile è 100; però, se la garanzia è data con pegno di denaro o di titoli, e questi beni valgano, in ipotesi 80, la base imponibile è di 80.

Tra l’altro, quando la norma in questione parla di « valore dei titoli » tout court, non specifica se si tratti del par value ( o valore nominale del titolo), del book value ( e cioè consideran­do il patrimonio netto contabile) oppure del fair value e, quindi, del valore di mercato.

Sembrerebb­e abbastanza inevitabil­e concludere in quest’ultimo senso: senonché, nella disciplina dell’imposta di registro manca una norma che permetta all’ufficio di rettificar­e il valore dichiarato per i titoli dati in pegno.

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