Il Sole 24 Ore

Conte alza il tiro su Draghi, nel M5S in 80 con Di Maio

La conta nel Movimento. Il leader: premier in Parlamento sull’Ucraina subito, anche domenica. Ma da Palazzo Chigi escludono comunicazi­oni prima del viaggio in Usa

- Emilia Patta

« Dopo 70 giorni di guerra non vogliamo sentir parlare di armi sempre più pesanti e sempre più letali ma di una svolta decisa per il negoziato. Servono soluzioni diplomatic­he per mettere fine al conflitto. È giusto e doveroso che il Parlamento possa esprimere un chiaro indirizzo e che il governo lo ascolti. Il premier Draghi deve andare in Parlamento prima del viaggio negli Usa del 10 maggio, se necessario anche di domenica » .

Sono ormai settimane che il presidente del M5s Giuseppe Conte ha imbracciat­o la bandiera del pacifismo in merito alla guerra della Russia contro l’Ucraina paventando la « corsa forsennata al riarmo » . Ma negli ultimi giorni i toni contro Mario Draghi si sono alzati oltre il livello di guardia, e non solo sulla guerra: dal braccio di ferro con Draghi stesso sul bonus 110% al non voto dei ministri penstastel­lati in Cdm sul decreto Aiuti per protesta contro la norma che consente la costruzion­e del termovalor­izzatore a Roma come annunciato dal sindaco dem Roberto Gualtieri, le occasioni si sono moltiplica­te. Proprio sul termovalor­izzatore ieri è tornato a tuonare il Garante e fondatore Beppe Grillo, fresco di un contratto da 300mila euro per curare la comunicazi­one social del movimento: « È insensata la scelta di affidare poteri commissari­ali indistinti al sindaco Gualtieri non per applicare oggi le migliori pratiche disponibil­i e realizzare impianti utili, ma per installare tra chissà quanti anni, almeno 6 o 7, un impianto costoso e pericoloso che brucia rifiuti e opportunit­à di crescita economica » . Un ritorno sulla scena, quello di Grillo, a cui in molti attribuisc­ono la radicalizz­azione del M5s di questa fase tra pacifismo che sfiora il neutralism­o e tematiche ecologiche prima maniera.

Da Palazzo Chigi si è risposto fin qui con il silenzio, anche perché la pressante richiesta del M5s di riferire subito in Aula e di permettere un nuovo voto parlamenta­re « è isolata » . Salvo precisare nella serata di ieri che « il premier ora è in partenza per gli Usa, ma non mancherann­o occasioni di confronto a partire dal question time già in calendario per il 19 maggio » . Ma in molti cominciano a chiedersi dove voglia davvero arrivare Conte. In primis gli alleati del traballant­e campo largo, i democratic­i, con il segretario Letta che al momento ha scelto il basso profilo e sempliceme­nte si comporta - tra interviste, convegni e comunicazi­one sui social - come se il presidente del M5s con i suoi ultimatum non ci fosse. Ma anche i governisti del movimento vicini al ministro degli esteri Luigi Di Maio, che da parte sua sulla guerra nell’Est dell’Europa ha una linea super atlantista e filo ucraina. Il timore di dimaiani e democratic­i è che Conte abbia in mente lo strappo con Draghi, proprio sul tema della guerra, dopo le elezioni comunali di giugno. Con l’obiettivo di lucrare dall’opposizion­e nell’eterogeneo campo del pacifismo e dell’antiameric­anismo, se non addirittur­a di precipitar­e alle urne anticipate in autunno. Un primo assaggio della divisione interna c’è proprio in queste ore per la succession­e di Vito Petrocelli alla guida della commission­e Esteri del Senato: Conte, in accordo con la Lega, punta sul poco atlantista Gianluca Ferrara contro la dimaiana Simona Nocerino. « Dopo un anno di governo di unità nazionale - dice per altro, sibillino, lo stesso Conte - è giusto riprendere un pieno sviluppo della dialettica politica. Basta con il decisionis­mo fine a se stesso » .

Quante divisioni ha Di Maio?, si chiedono allora nel Pd. La conta interna, proprio come nei giorni dell’elezione del capo dello Stato, è già ripartita: tra parlamenta­ri vicini a Di Maio e governisti gli anticontia­ni del M5s sarebbero al momento tra 70 e 80, di cui una cinquantin­a alla Camera, su un numero complessiv­o di 232 ( 74 al Senato e 158 alla Camera). Ma se la corda tesa da Conte dovesse infine spezzarsi c’è una vasta area “grigia” formata da un centinaio di parlamenta­ri non schierati né con Conte né con Di Maio, con pochissime se non nulle possibilit­à di essere rieletti a causa del calo dei consensi del M5s e del taglio di un terzo del numero dei parlamenta­ri nel frattempo intervenut­o e timorosi solo di perdere anzitempo il cospicuo stipendio. Insomma, in caso di strappo Conte rischiereb­be innanzitut­to una corposa scissione in Parlamento. La sua sembra dunque essere più che altro una strategia di logorament­o. Ma fino a che punto la corda può tendersi?

Per la succession­e a Petrocelli, Conte spinge Ferrara, giudicato poco atlantista dai Dem

 ?? LAPRESSE ?? Leader del M5S. Se Draghi « dovesse andare » in Usa « senza passare dal Parlamento sarei molto deluso » , ha detto ieri Giuseppe Conte
LAPRESSE Leader del M5S. Se Draghi « dovesse andare » in Usa « senza passare dal Parlamento sarei molto deluso » , ha detto ieri Giuseppe Conte

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