Il mercato della bici tra globalizzazione e vecchie abitudini
IL’ECCELLENZA ITALIANA DI TELAI E GOMME, LA RICERCA DI MANODOPERA E LA MOBILITà NELLE CITTà
l Giro d’Italia è anche una vetrina per il made in Italy e i suoi campioni. Sfortunatamente non sulle magliette dei ciclisti, dato che è dalla scomparsa della Lampre- Meridan nel 2017 che nessun team tricolore fa parte dell’Uci World Tour, l’élite. La Lampre produceva laminati, la Saeco ( nome di un altro teamcon team con cui si fuse) macchine da caffè e distributori automatici, lo sponsor secondario Fondital radiatori – tutti esempi del quarto capitalismo e delle multinazionali tascabili. Le spese per mantenere una squadra di alto livello sono però esplose e ormai anche in questo sport sono onnipresenti i capitali delGlobal del Global South: per tornare alla Lampre, Meridan è un grande produttore di biciclette di Taiwan, il team nel frattempo è stato ribattezzato Uae Team Emirates e tra i suoi principali rivali figurano Astana Qazaqstan e Bahrain Victorious.
Quando però si tratta di materiali, l’eccellenza resta nostrana. Delle 18 squadre del World Tour, quattro hanno telai italiani, altrettante i cambi Campagnolo e nove utilizzano pneumatici Pirelli o Vittoria. Ovviamente, come tutte le industrie, anche quella della bicicletta è molto globalizzata: Pirelli è da anni di proprietà cinese, Pinarello è stata acquistata da Lvmh, Vittoria è tornata a essere italiana nel 2020 dopo tre decenni sotto bandiera olandese ( e ha moltiplicato per otto il numero di dipendenti). Questa è la globalizzazione visibile, quella invisibile, almeno per i nonspecialisti, è nella catena di produzione e nella fornitura di componenti. Un recente studio francese stima che solo un quarto del prezzo di una bicicletta sia valore aggiunto in Francia ( la concezione a monte e l’assemblaggio a valle) e le cifre sono sicuramente simili per l’Italia. Fonte di guadagni negli anni scorsi per chi è riuscito a sfruttare i differenziali di costi, la segmentazione geografica dei siti di produzione è diventata una criticità con il Covid. Se le chiusure in Cina e nel resto dell’Asia sono all’origine di una disruption senza precedenti ( con tempi di consegna moltiplicati da 4 a 8 volte), la pandemia ha “democratizzato” la mobilità a due ruote, a lungo un privilegio di chi vive in centro città e percorre distanze ridotte. La domanda di bici ( tranne che le pieghevoli) è aumentata dappertutto proprio quando l’offerta è in tensione. A esacerbare i problemi c’è la forte concentrazione del mercato dei cambi e dei freni, in cui la giapponese Shimano controlla due terzi dell’offerta ed è molto cauta prima d’investire in nuova capacità produttiva, nel timore che l’attualeboomsia l’attuale boom sia destinato a finire presto, quando la gente sarà di nuovo pronta a utilizzare i trasporti pubblici e frequentare le palestre. Ma con pochi fornitori è estremamente arduo sviluppare contingency plan come si può invece fare nell’elettronica. A complicare il quadro decisionale è venuta la guerra in Ucraina. Di fronte a questo panorama complesso, si fa un gran parlare di re- localizzazione e re- industrializzazione. La strategia si indirizza soprattutto verso il segmento più alto del mercato – bici da corsa ed elettriche, nonché bicicargo ideali per la logistica di prossimità. Senza escludere che anche in Europa occidentale si possano assemblare modelli low cost come quelli utilizzati dalla grande distribuzione per premiare la clientela più fedele. Ma anche se il settore sta andando a gonfie vele, sia come fatturato, sia come occupazione, si scontra con la difficoltà di trovare manodopera specializzata e spazio per espandere i siti di produzione.
Alla fine, è sul fronte del ricorso alla bici per la mobilità quotidiana che si gioca il futuro della petite reine. Dopo il boom del 2020, la crescita del numero e della lunghezza degli spostamenti è rallentata nel 2021 un po’ dappertutto in Europa. Anche nella Francia del Tour e della ParigiRoubaix, i fondi destinati ad agevolare il trasporto a due ruote sono irrisori – per ogni euro di investimento pubblico ce ne sono 27 per l’automobile. L’Italia non brilla: secondo il più recente Eurobarometer in materia, del 2017, meno del 5% della popolazione usa regolarmente la bicicletta ( rispetto al 14% nella Ue a 28), mentre un’altra indagine mostra che solo Madrid fa peggio di Roma tra le capitali europee, con meno dell’ 1% degli spostamenti rispetto al 49% a Copenhagen. Sicuramente gli indicatori sono migliori nelle città più piccole, ma alla fine, malgrado l’inclemenza del tempo, le piste ciclabili danesi sono più utili per lottare contro il cambiamento climatico e limitare la bolletta energetica che i portici protetti dall’Unesco e dove in teoria è vietato pedalare.