Il Sole 24 Ore

Tutti assolti dopo dieci anni d’indagini

Nessuno dei dossier del maxi fascicolo senese ha portato ad una condanna

- Sara Monaci

In dieci anni nessun dossier del grande fascicolo giudiziari­o su Mps ha portato ad una condanna. A Siena tuttavia non c’è contentezz­a per questo finale, perché nel frattempo la banca è di fatto implosa sotto il peso di una lunga catena di scelte sbagliate, a cui si è aggiunta in parte la crisi finanziari­a e in parte l’inchiesta stessa, che ne ha minato la reputazion­e.

A Siena tutti sanno che l’acquisizio­ne di Antonvenet­a è stato un boccone indigeribi­le per il Monte. Ci sono persino interpreta­zioni suggestive secondo cui tutto originereb­be dalla volontà di voler ridurre il peso dentro la banca della Fondazione Mps, all’epoca unico ente rimasto in Italia a controllar­e un istituto bancario.

Ci fu reato in quella compravend­ita? O solo ( si fa per dire) incapacità gestionale? Per la procura la risposta alla prima domanda era sì; per i giudici invece è un secco no, sotto ogni profilo.

È probabile dunque che la ricostruzi­one di questa vicenda vada fatta sotto una luce diversa, tenendo conto della storia di una piccola città divenuta centrale nelle scelte finanziari­e nazionali - perché è a lei che venne chiesto di riportare in Italia una banca passata sotto il controllo straniero, prima olandese e poi spagnolo-; di una crisi finanziari­a inattesa, che arrivava da Oltreocean­o, con esiti imprevedib­ili per i nostri manager; delle trasformaz­ioni in atto a livello europeo sul mondo bancario, sottoposto in modo sempre più stringente a ratios patrimonia­li prima sottovalut­ati, soprattutt­o in Italia.

È in questo contesto che nasce la vicenda storica di Mps, gonfiata peraltro mediaticam­ente dall’idea distorta che ci fosse una tangente nascosta al Pd, partito dalla lunga tradizione amministra­tiva in questo territorio, che per decenni ha espresso sindaci, i quali controllav­ano la Fondazione, la quale controllav­a il Monte dei Paschi. Ma questa è la storia di Siena, e della tangente non c’è mai stata traccia ( nemmeno nell’inchiesta).

Le indagini iniziano dunque in procura a Siena nel 2012, con il supporto del Nucleo Valutario della Gdf. L’inchiesta si concentra su questioni finanziari­e, soprattutt­o sulle modalità con cui era stato fatto l’aumento di capitale per l’acquisizio­ne di banca Antonvenet­a dal Santander, avvenuta nel 2008 per 9 miliardi, e sulle modalità con cui i bilanci successivi erano stati abbelliti per evitare che si capisse che l’acquisto non era stato così redditizio, visto che poi le sofferenze del tessuto imprendito­riale avevano fatto lievitare il conto dell’operazione a 17 miliardi.

La compravend­ita venne fatta frettolosa­mente, si racconta nelle stesse ricostruzi­oni investigat­ive, per essere più veloci di Bnp Paribas, anch’essa interessat­a alla banca padovana. Per Mps sembrava una buona occasione per espandersi nel Nord Est del Paese, e intanto Antonvenet­a sarebbe tornata in Italia. L’operazione fu autorizzat­a dalla Banca d’Italia e l’ex presidente Giuseppe Mussari divenne in seguito presidente dell’Abi.

Lo strumento finanziari­o finito per primo sotto accusa è il Fresh, un prodotto ibrido e non un vero e proprio aumento di capitale, sosteneva la procura di Siena. I derivati Santorini e Alexandria sono diventati poi il secondo dossier. Nel 2014 entrambi questi filoni vengono trasferiti a Milano, e riuniti in un unico procedimen­to per vari reati finanziari, tra cui la manipolazi­one del mercato.

A Siena, nel frattempo, gli ex vertici della banca vengono prima condannati ( nel 2015) e poi assolti ( nel 2017) per ostacolo alla vigilanza, e sempre a Siena, nel 2019, alcuni manager accusati di appropriaz­ione indebita vengono assolti in primo grado. Infine ieri a Milano, dopo una prima condanna nel 2019, ancora un’assoluzion­e. « Non sono sorpreso - dice l’avvocato di Mussari Fabio Pisillo - già le motivazion­i del primo grado non erano condivisib­ili. Ero certo che il giudice avrebbe rivalutato la situazione » . Rimane aperto solo il procedimen­to secondario sui successivi vertici Mps, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, che hanno già subito una condanna a 6 anni in primo grado per aggiotaggi­o e falso in bilancio. Ma quanto accaduto ieri fa pensare ad un finale diverso anche per loro.

Reato o errata gestione nell’affare Antonvenet­a: è qui che si è aperta la frattura tra la lettura dei pm e dei giudici

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy