Tutti assolti dopo dieci anni d’indagini
Nessuno dei dossier del maxi fascicolo senese ha portato ad una condanna
In dieci anni nessun dossier del grande fascicolo giudiziario su Mps ha portato ad una condanna. A Siena tuttavia non c’è contentezza per questo finale, perché nel frattempo la banca è di fatto implosa sotto il peso di una lunga catena di scelte sbagliate, a cui si è aggiunta in parte la crisi finanziaria e in parte l’inchiesta stessa, che ne ha minato la reputazione.
A Siena tutti sanno che l’acquisizione di Antonveneta è stato un boccone indigeribile per il Monte. Ci sono persino interpretazioni suggestive secondo cui tutto originerebbe dalla volontà di voler ridurre il peso dentro la banca della Fondazione Mps, all’epoca unico ente rimasto in Italia a controllare un istituto bancario.
Ci fu reato in quella compravendita? O solo ( si fa per dire) incapacità gestionale? Per la procura la risposta alla prima domanda era sì; per i giudici invece è un secco no, sotto ogni profilo.
È probabile dunque che la ricostruzione di questa vicenda vada fatta sotto una luce diversa, tenendo conto della storia di una piccola città divenuta centrale nelle scelte finanziarie nazionali - perché è a lei che venne chiesto di riportare in Italia una banca passata sotto il controllo straniero, prima olandese e poi spagnolo-; di una crisi finanziaria inattesa, che arrivava da Oltreoceano, con esiti imprevedibili per i nostri manager; delle trasformazioni in atto a livello europeo sul mondo bancario, sottoposto in modo sempre più stringente a ratios patrimoniali prima sottovalutati, soprattutto in Italia.
È in questo contesto che nasce la vicenda storica di Mps, gonfiata peraltro mediaticamente dall’idea distorta che ci fosse una tangente nascosta al Pd, partito dalla lunga tradizione amministrativa in questo territorio, che per decenni ha espresso sindaci, i quali controllavano la Fondazione, la quale controllava il Monte dei Paschi. Ma questa è la storia di Siena, e della tangente non c’è mai stata traccia ( nemmeno nell’inchiesta).
Le indagini iniziano dunque in procura a Siena nel 2012, con il supporto del Nucleo Valutario della Gdf. L’inchiesta si concentra su questioni finanziarie, soprattutto sulle modalità con cui era stato fatto l’aumento di capitale per l’acquisizione di banca Antonveneta dal Santander, avvenuta nel 2008 per 9 miliardi, e sulle modalità con cui i bilanci successivi erano stati abbelliti per evitare che si capisse che l’acquisto non era stato così redditizio, visto che poi le sofferenze del tessuto imprenditoriale avevano fatto lievitare il conto dell’operazione a 17 miliardi.
La compravendita venne fatta frettolosamente, si racconta nelle stesse ricostruzioni investigative, per essere più veloci di Bnp Paribas, anch’essa interessata alla banca padovana. Per Mps sembrava una buona occasione per espandersi nel Nord Est del Paese, e intanto Antonveneta sarebbe tornata in Italia. L’operazione fu autorizzata dalla Banca d’Italia e l’ex presidente Giuseppe Mussari divenne in seguito presidente dell’Abi.
Lo strumento finanziario finito per primo sotto accusa è il Fresh, un prodotto ibrido e non un vero e proprio aumento di capitale, sosteneva la procura di Siena. I derivati Santorini e Alexandria sono diventati poi il secondo dossier. Nel 2014 entrambi questi filoni vengono trasferiti a Milano, e riuniti in un unico procedimento per vari reati finanziari, tra cui la manipolazione del mercato.
A Siena, nel frattempo, gli ex vertici della banca vengono prima condannati ( nel 2015) e poi assolti ( nel 2017) per ostacolo alla vigilanza, e sempre a Siena, nel 2019, alcuni manager accusati di appropriazione indebita vengono assolti in primo grado. Infine ieri a Milano, dopo una prima condanna nel 2019, ancora un’assoluzione. « Non sono sorpreso - dice l’avvocato di Mussari Fabio Pisillo - già le motivazioni del primo grado non erano condivisibili. Ero certo che il giudice avrebbe rivalutato la situazione » . Rimane aperto solo il procedimento secondario sui successivi vertici Mps, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, che hanno già subito una condanna a 6 anni in primo grado per aggiotaggio e falso in bilancio. Ma quanto accaduto ieri fa pensare ad un finale diverso anche per loro.
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