Il deserto amministrativo colpisce anche il Pnrr
La riserva del 40% dei fondi inciampa nella carenza di progetti e competenze
La desertificazione amministrativa del Mezzogiorno è un problema per il Pnrr, che ha tra i suoi obiettivi « trasversali » alle varie missioni quello di ridurre le distanze di crescita economica e di servizi pubblici fra Nord e Sud. Lo sa bene il governo, che sta facendo di tutto per rispettare la riserva del 40% dei fondi ai territori meridionali ( le stime attuali parlano di 86 miliardi, il 40,8% dei 211 distribuibili in chiave geografica). E lo sa in particolare il ministro per la Pa Brunetta, che con la titolare del Sud Mara Carfagna ha costruito una serie di azioni su misura per il « rafforzamento amministrativo » degli enti territoriali meridionali. Ma sanno bene anche, alla luce dei primi tentativi frenati dalla difficoltà di trovare i candidati con le competenze giuste e dalle rinunce da parte di chi ha curricula spendibili sul mercato privato, che la sfida è complicata. E rischia di svilupparsi in tempi troppo lunghi per il calendario serrato del Pnrr.
In un contesto del genere, anche la clausola del 40% zoppica, come ha mostrato l’Upb nell’audizione di giovedì alla bicamerale sul federalismo fiscale. Dove i bandi sono vincolati da quote territoriali predefinite, il rischio è che le regioni più deboli non raggiungano il plafond, come accaduto per economia circolare e asili nido che infatti hanno dovuto concedere più di una proroga per aspettare i progetti. Ma anche quando le quote regionali sono rispettate, non è secondario il rischio che a ottenere i fondi siano gli enti relativamente più attivi, e quindi già dotati almeno in parte dei servizi finanziati dal Pnrr, mentre restano fuori partita le amministrazioni più in difficoltà.
Da questo punto di vista un ruolo importante può essere affidato alle cabine di regia nazionali e regionali, e alle forme di supporto centrali come la piattaforma Capacity Italy realizzata da Cdp, Invitalia e Mediocredito centrale o Easy costruita da Ifel con Mef e Viminale. Per provare a contenere il rischio di mettere benzina in una macchina con il motore imballato.