Teatro e influencer per mettere in scena i 150 anni di Pirelli
« La storia non puoi acquistarla. Le radici non sono una zavorra, ma un asset da tutelare. Sono una bussola che aiuta a scegliere, a selezionare, a capire cosa fare in un mondo complesso dove smarrire la propria identità è facilissimo » . Ne è convinto Maurizio Abet, Senior Vice President Communication e Brand di Pirelli e dal 2020 visiting professor alla scuola di giornalismo dell’Università Luiss. La sfida sta tutta in quel difficile equilibrio tra storicità e contemporaneità. In Pirelli, eccellenza italiana nata nel lontano 1872, per raccontare i 150 anni è stato scelto un mezzo contemporaneo ma eterno come il teatro. « Davanti a una storia come quella di Pirelli il rischio più grande è quello di perdere il filo del racconto o di non trovarlo proprio. L’abbondanza dei contenuti travolge. Bisogna sottrarre, non aggiungere. Questa è stata la cosa più difficile. Abbiamo scelto di non seguire un filo cronologico, ma di raccontare Pirelli attraverso le sue anime più caratterizzanti: la storia, l’internazionalità, la cultura e la comunicazione, il motorsport, l’innovazione e la ricerca, la tecnologia e il prodotto. Non abbiamo omesso neppure i momenti difficili. E mentre mettevamo a fuoco cosa raccontare, ragionavamo anche sul come. Dovevamo scegliere un format che ci aiutasse a non scivolare nella retorica o nell'autocelebrazione e a mettere insieme parole, testi, video, immagini storiche, musica. Considerando che oggi le audience delle aziende si sono trasformate in pubblico con spettatori abituati a delle messe in scena, nel senso più nobile e alto dell’espressione, il teatro ci è parso il luogo più adatto. Un lavoro realizzato insieme alla Fondazione Pirelli con l’aiuto di narratori professionisti, registi e con il supporto di tanti colleghi » , precisa Abet. Sono stati coinvolti opinionisti che conoscono Pirelli e gli attori del Piccolo Teatro, che hanno interpretato gli snodi fondamentali della storia in un evento dove pièce teatrale e talk show si sono fusi. La chiave è trasformarsi, senza perdere l’identità. « Un racconto dove le immagini della Pechino- Parigi del 1907 scorrono insieme a quelle della Coppa America del 2021, con Pirelli sempre protagonista, è molto potente. Lo spettatore coglie in un attimo che la passione per la competizione è da sempre nel dna dell’azienda. Far convivere presente e passato fa emergere il filo rosso che lega tutto, aiuta a far capire lo spirito che muove l'azienda » , dice Abet. Ma oggi quella storia entra anche negli stream social con contenuti e storie dedicate che, in coerenza con il filo narrativo scelto, adottano linguaggi e toni di voce adatti per canali e audience non sempre omogenee. Così Pirelli, oltre alla stampa tradizionale, ha coinvolto influencer capaci di creare contenuti anche per il pubblico di TikTok, Twitch, Instagram, YouTube e Spotify. Ma come si approda sui media contemporanei preservando la propria identità? Per Abet bisogna sempre cercare di rimanere se stessi, senza inseguire le mode. Insomma, la sfida sta in quella coerenza di narrazione oggi essenziale perché parte preponderante del capitale reputazionale. « Ci si snatura anche quando si tratta di compiacere troppo l’audience, lato contenuti e linguaggio. Soprattutto sui social non bisogna piacere a tutti, senza però offendere mai nessuno. Le aziende devono avere tante antenne, soprattutto in ambiti diversi dal proprio business. Pirelli è presente nello sport, sostiene e promuove attività in ambito culturale e artistico, sviluppa prodotti editoriali, collabora con le università. Sono tutte finestre aperte sul mondo indispensabili per intercettare quei cambiamenti che si trasformano in fenomeni di costume e nuove sensibilità. Serve tempo per capire e l’umiltà per non salire in cattedra, predicando valori poi magari disattesi nella pratica » .