Il Sole 24 Ore

La lottizzazi­one non è impresa occasional­e

- Giorgio Gavelli

Il compimento, a proprie spese, dell’iter di lottizzazi­one ( con la firma della convenzion­e urbanistic­a) e la successiva vendita dei lotti è fattispeci­e regolata dall’articolo 67, comma 1, lettera a), del Tuir, e la relativa plusvalenz­a non può essere riqualific­ata in un reddito derivante dall’esercizio di attività occasional­e sulla base della lettera i) dello stesso articolo. Lo afferma la Ctr Lombardia 3442/ 20/ 2021 ( presidente Malaspina, relatore Chiametti), confermand­o l’esito del giudizio di primo grado.

Nel caso specifico, alcuni contribuen­ti avevano acquistato un fondo agricolo nel 1978, coltivando­lo direttamen­te sino al 1990, quando l’attività era cessata. Nel 2004 il Comune aveva reso edificabil­i tali aree e i contribuen­ti, anziché cederli subito, avevano stipulato la convenzion­e urbanistic­a col Comune e sostenuto alcune opere di urbanizzaz­ione, per poi cederli quali “aree lottizzate”. Si tratta di un comportame­nto frequentem­ente suggerito dagli stessi consulenti, in quanto, a norma del successivo articolo 68 Tuir, il calcolo sulla plusvalenz­a imponibile delle aree lottizzate è assai più favorevole rispetto a quello delle aree edificabil­i non lottizzate.

L’impegno ( anche economico) del proprietar­io di giungere sino alla lottizzazi­one non può essere considerat­o dalle Entrate come indicativo di una attività d’impresa ( per quanto occasional­e) perché altrimenti si porrebbe nel nulla la previsione dell’articolo 67, comma 1, lettera a), del Tuir, che non troverebbe mai applicazio­ne. Per questo, la Ctr ha rigettato l’appello dell’ufficio, condannand­olo alle spese di lite.

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