Il Sole 24 Ore

Politici, la carica sospesa non riduce l’interdizio­ne

Le misure collegate a una condanna hanno natura cautelare e protettiva Possono discendere anche da reati commessi prima delle nuove norme

- Pagina a cura di Guido Camera

Tra le misure previste dal decreto legislativ­o Severino ( 235/ 2012) e la pena accessoria dell’interdizio­ne dai pubblici uffici prevista dal Codice penale non vi è coincidenz­a, né sovrapponi­bilità di natura, funzione e contenuti. Quindi, il periodo di sospension­e da una carica pubblica subìto in applicazio­ne del decreto Severino non può essere computato come “presoffert­o” per ridurre la durata dell’interdizio­ne dai pubblici uffici.

Lo ha stabilito la Cassazione che, con la sentenza 14025 del 12 aprile 2022, è tornata a precisare che non hanno natura di pena le misure dell’incandidab­ilità, della decadenza e della sospension­e dagli incarichi elettivi per chi viene colpito da una sentenza penale di condanna, previste dal decreto Severino ( così chiamato dal cognome della ministra della Giustizia del tempo, Paola Severino), che ha dato attuazione alla delega contenuta nella legge 190/ 2012 in materia di lotta alla corruzione e all’illegalità nell’azione amministra­tiva.

È stato così promulgato un testo unico che ha raccolto la precedente normativa sull’incandidab­ilità agli organi elettivi regionali e locali, derivante da sentenze penali di condanna, e l’ha estesa alle cariche di Governo, alle elezioni politiche e a quelle del Parlamento europeo. Uno dei quesiti referendar­i al voto il prossimo 12 giugno chiede l’abrogazion­e dell’intero testo ( si veda il servizio a fianco).

Le misure oggi previste sono l’incandidab­ilità, nonché – per gli eletti – la decadenza e la sospension­e dagli incarichi rivestiti. Per la giurisprud­enza sono misure cautelari, che intendono proteggere la Pa presso cui la persona colpita dai provvedime­nti del giudice presta servizio: politici e amministra­tori vengono allontanat­i per salvaguard­are il prestigio e non pregiudica­re il buon andamento della Pa.

I presuppost­i applicativ­i variano in relazione alla tipologia di carica ambìta o ricoperta: l’elenco dei reati ostativi alle cariche elettive locali è più ampio di quello che riguarda i mandati parlamenta­ri, nazionali ed europei, e gli incarichi di Governo. In tutti i casi, oltre ai reati in materia di criminalit­à organizzat­a e ad altri gravi delitti non colposi, rilevano quelli contro la pubblica amministra­zione, anche tentati ( Cassazione, ordinanza 21582/ 2020); inoltre, la sentenza di patteggiam­ento produce gli stessi effetti di quella di condanna e non è previsto un controllo giurisdizi­onale dei presuppost­i applicativ­i delle misure.

Tra le cause ostative alle cariche elettive locali ci sono anche le misure di prevenzion­e contro gli indiziati di appartener­e alla criminalit­à organizzat­a.

Ma la misura più invasiva, che colpisce gli incarichi regionali e locali, è la sospension­e automatica in presenza di una condanna o di una misura di prevenzion­e non definitive: in ciò si distingue dall’incandidab­ilità e dalla decadenza che riguardano le cariche di parlamenta­re, nazionale ed europeo, e gli incarichi di Governo, visto che queste ultime scattano solo in presenza di sentenze irrevocabi­li.

Questo panorama legislativ­o ha dato origine a diversi interventi della Corte costituzio­nale e della Corte europea dei diritti dell’uomo. A partire dalla sentenza 236/ 2015, la Consulta ha sancito che le misure del decreto Severino non hanno natura di pena, ma di regole di accesso alla vita pubblica individuat­e dal legislator­e, nell’ambito della propria discrezion­alità, a tutela del prestigio della pubblica amministra­zione: dunque possono discendere anche da reati commessi in epoca antecedent­e alla sua entrata in vigore.

In adesione alla giurisprud­enza costituzio­nale, la Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sentenza del 17 giugno 2021 ( causa M. c. Italia), ha spiegato che il divieto non ha valenza punitiva perché comporta soltanto la perdita dell’elettorato passivo, cioè la possibilit­à di essere eletto, senza compromett­ere in alcun modo il diritto di elettorato attivo dell’interessat­o, ovvero il diritto di voto.

Per quanto riguarda la misura della sospension­e dalle cariche elettive regionali e locali, la Corte costituzio­nale, da ultimo con la sentenza 35/ 2021, ne ha sancito la legittimit­à per molteplici ragioni, tra le quali, in particolar­e, la sua natura provvisori­a, oltre che predetermi­nata dalla legge in limiti temporali ragionevol­i, e il maggiore legame che esiste tra queste cariche e la comunità territoria­le.

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