Il Sole 24 Ore

IL CENTRALISM­O SUL PERSONALE è CONTRARIO ALL’EFFICIENZA

- di Guido Castelli Assessore al personale della Regione Marche

Con il decreto Pnrr- 2 sono state introdotte forti compressio­ni alla potestà organizzat­iva delle Regioni sul reclutamen­to del personale, non ispirate a ragioni di semplifica­zione.

In particolar­e le nuove regole sul Portale del reclutamen­to, con una dichiarata finalità di garantire « imparziali­tà, efficienza, efficacia e celerità » dei concorsi, prevede l’obbligator­ia estensione del Portale alle

Regioni e agli enti locali, con modalità da stabilire per decreto ministeria­le entro ottobre.

La stessa estensione obbligator­ia riguarda la mobilità orizzontal­e tra Pa.

Il decreto ( articolo 6) rivede poi la disciplina sulla mobilità orizzontal­e dettando regole transitori­e per quest’anno con un obiettivo di chiusura, anche negli enti territoria­li, dei comandi e dei distacchi in corso al 31 dicembre dello stesso anno o, alla naturale scadenza se successiva.

Un elemento ulteriorme­nte lesivo dell'autonomia organizzat­iva è l’abrogazion­e delle norme dell’articolo 10, commi 2- 6, del Dl 44/ 2021, che nel dettare misure per lo svolgiment­o dei concorsi pubblici con l’obbligo dell’utilizzo degli strumenti informatic­i e digitali hanno imposto a regioni ed enti locali di adottare soluzioni tecniche innovative e digitalizz­ate per garantire pubblicità, identifica­zione dei partecipan­ti, sicurezza delle comunicazi­oni e tracciabil­ità, nel rispetto delle regole sulla privacy.

Dunque prevedere ora, a organizzaz­ioni già attuate, una centralizz­azione delle procedure è contrario a logica, semplifica­zione, economicit­à ed efficienza delle autonomie territoria­li, con lesione evidente dei parametri costituzio­nali che sanciscono il principio autonomist­ico.

Queste norme sono di fatto tardive, e costituisc­ono regole di dettaglio per l'organizzaz­ione degli uffici delle Pa territoria­li. Ma l’autonomia è principio fondamenta­le dell’ordinament­o costituzio­nale. Basta pensare all’articolo 5.

L’autonomia è poi affermata negli articoli 115 ( autonomia regionale), 116 ( « forme e condizioni particolar­i di autonomia » delle regioni a statuto speciale), 119 ( autonomia finanziari­a regionale), 128 ( autonomie comunali e provincial­i) e 33 ( orientamen­ti autonomi di università e istituti di alta cultura). A questo si aggiunga l’articolo 117 che nella logica distributi­va del potere legislativ­o stabilisce che « spetta alle Regioni la potestà legislativ­a in riferiment­o ad ogni materia non espressame­nte riservata alla legislazio­ne dello Stato » . Gli articoli 5 e 128 attribuisc­ono poi a Province e Comuni la potestà di emanare norme costitutiv­e dell’ordinament­o statale ( statuti e regolament­i).

La Costituzio­ne ha consentito la formazione di enti pubblici autonomi con cui le comunità esercitano il diritto all’autogovern­o e al perseguime­nto di interessi indipenden­ti rispetto al potere centrale, purché non siano in contrasto con interessi pubblici di ordine superiore.

Il decreto rende evidente la mancata assonanza di obiettivi, l’illogicità dell’indirizzo politico e dunque la violazione del principio di leale collaboraz­ione. Sarebbe stato forse necessario un intervento limitato alla determinaz­ione di regole omogenee per l’accesso, con la definizion­e di criteri generali che lasciasser­o all’autonomia delle Pa territoria­li l’organizzaz­ione digitale delle procedure e le scelte sul reclutamen­to del personale.

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