Nato: aperta la successione L’Italia è in prima linea
Il posto di segretario generale dovrebbe andare a un Paese del Sud
Manca ancora un anno, ma le pedine sono già in movimento per una poltrona che torna ad essere di grande importanza visti i venti di guerra che soffiano in Europa. Il Segretario generale della Nato, il norvegese ed ex primo ministro Jens Stoltenberg, che avrebbe dovuto lasciare nei prossimi mesi per tornare ad Oslo dove è stato già nominato governatore della banca centrale, è stato prorogato fino al 30 settembre 2023 per l’invasione russa dell’Ucraina.
La decisione sarà presa nei primi mesi del 2023, ma le condizioni si creeranno sin da subito, a partire da come si muoveranno i paesi nel conflitto in Ucraina e per le politiche di incremento della spesa per la difesa. Una regola non scritta dice che a un segretario generale del nord Europa ne dovrebbe seguire uno del sud. Figuriamoci quando i nordici sono stati due, visto che il precedente è stato il danese Anders Fogh Rasmussen, anche lui ex primo ministro. Quindi sarebbe il turno o dell’Italia o della Spagna: Madrid tuttavia è tagliata fuori visto che una posizione di rilievo già la ricopre con Josep Borrell, alto rappresentante Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza. In realtà anche il Portogallo è escluso, avendo il segretario generale Onu, António Guterres. Quindi l’Italia. Mario Draghi è certamente tra i nomi più forti, e molto apprezzato sia nelle cancellerie che nelle alte burocrazie militari, specie dopo le sue schiette di
‘ Tra i nomi più forti
il premier Draghi, Letta, Gentiloni, Renzi Ma emerge l’ipotesi di uno Stato dell’Est
chiarazioni sulla spesa militare e la necessità di un vero coordinamento. All’epoca della nomina il suo governo, salvo imprevisti, sarà agli sgoccioli prima del voto, i cui esiti tuttavia potrebbero rimetterlo in gioco. Si vedrà. Accanto a Draghi i nomi che emergono o sono già da tempo stati fatti sono quelli di ex premier: Enrico Letta, Paolo Gentiloni e Matteo Renzi, ciascuno con una propria agenda destinata comunque ad evolvere. L’Italia inoltre può vantare una sorta di diritto di rotazione: ha avuto nella storia un solo segretario generale, Manlio Brosio ( 1964- 1971), e due ad interim, tra cui l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo. Insomma, le carte da giocare ci sono, ma le variabili in campo sono diverse. La prima è la spinta forte della politica a portare una donna nella massima poltrona Nato. Molti i nomi possibili, tra cui quello della belga Sophie Wilmès, già premier e ministro degli esteri, che tuttavia di recente si è dimessa per motivi personali legati alla malattia del marito. L’altra variabile che sta emergendo è quella di eleggere un politico dell’Est Europa, certamente un segnale molto forte verso Mosca. Escludendo l’Ungheria – il premier Viktor Orban è il miglior amico di Vladimir Putin nel sistema delle alleanze occidentali – e forse anche la Bulgaria ( ha già il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva), il candidato, o la candidata, potrebbero arrivare dalla Polonia, dai paesi baltici e soprattutto dalla Romania. Una figura forte da Bucarest potrebbe essere il presidente Klaus Werner Iohannis, il cui mandato tuttavia scade nel 2024.